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Il Mondo

Chi vince (e chi perde) con la vendemmia 2005. Penalizzate Piemonte e Toscana, Zonin: “Le piccole cantine finiranno a gruppo stranieri e fondi”. Superproduzione, magazzini pieni e consumi in calo preannunciano una selezione ... Meno 3% la stima di Ismea e Unione Italiana Vini. E meno 10% quella dell’Osservatorio della Confagricoltura su un campione di 360 aziende; se è ancora azzardato valutarne la qualità, è certo che la vendemmia 2005 porterà meno uva nelle cantine italiane, soprattutto al Centro e al Nord, dove alcune aziende, come il gruppo Mezzacorona calcolano cali produttivi anche del 20%.
La circostanza non dispiace ai vignaioli nazionali. Anzi. La vendemmia in corso cade infatti in uno dei momenti più critici per il mondo del vino italiano. Sovrapproduzione, scorte alte, calo di consumi (meno 11% in quattro anni), concorrenza dei nuovi Paesi produttori (dall’Australia al Cile al Sud Africa), prezzi in caduta: è questa la congiuntura che ha costretto anche l’Italia, dopo Francia, Spagna e Grecia, a procedere alla cosiddetta distillazione di crisi, e cioè alla trasformazione di 6 milioni di ettolitri di vino da tavola in alcol per uso industriale. Colpito in particolare il comparto del vino sfuso. Ne sanno qualcosa gli agricoltori siciliani e pugliesi che non riescono più a far partire le autobotti verso il Nord, specie in Veneto, Toscana e Piemonte, perché non trovano aziende imbottigliatrici disposte a comprare vino sfuso, pur offerto sotto costo.
E la campagna 2005 butta benzina sul fuoco: “Ci sono giacenze nelle cantine e si prospettano problemi sulla contrattazione: è importante mantenere i nervi saldi per evitare disastrosi crolli delle uve sul mercato”, dice ai colleghi Andrea Sartori, presidente dell’Unione Italiani Vini (Uiv). Gianni Zonin, proprietario di 1.800 ettari di vigneti, non ha dubbi. Mentre richiede provvedimenti urgenti sul fronte dei prezzi (a partire dal dimezzamento dell’Iva dal 20% al 10%), avverte: “Il mondo del vino italiano è in pericolo e molte piccole cantine avranno difficoltà a sopravvivere, aprendo le porte a capitali stranieri e fondi di investimento”.
Ma è davvero questo il quadro? Il punto di vista tra gli operatori è in realtà più sfaccettato, come è emerso anche nell’ultima edizione del Vinovip di Cortina, appuntamento biennale tra i più importanti del settore, ribattezzato la Cernobio del vino.
“In effetti ci sono segnali contrastanti: c’è pessimismo sul fronte produttivo, ma c’è anche una ripresa del lavoro all’estero che per il Giv equivale a un incremento dei volumi dell’8%”, spiega Emilio Pedron, ad della maggiore azienda del mercato (il Giv appunto, 235 milioni il consolidato 2004).
“Non c’è dubbio che la ripresa dell’export si deve a una flessione dei prezzi, ma significa anche che il prodotto italiano tira, a patto però di aver investito nell’organizzazione, nel marketing, nella distribuzione”. E qui sta il punto. Negli anni d’oro del vino, molte aziende, Giv compreso, hanno sofferto la concorrenza delle nuove griffe e dei vini modaioli. Oggi però si prendono la rivincita e aspettano sulla sponda del fiume i tanti che passeranno la mano.
Chi e dove? Soffrono molte cantine in Piemonte e in Toscana, specie in Maremma, dopo il successo clamoroso che ha richiamato nella zona investitori di ogni genere. Ma segnali di difficoltà ci sono un po’ ovunque. Più in generale si può dire che stanno facendo fatica molti dei produttori che quando il mercato tirava hanno smesso di portare le uve alle cantine sociali per imbottigliare in proprio.
Nella sola zona di Soave, nel Veneto, sono nate 40 nuove aziende in tre anni e così altrove. Ancora peggio se la passano i novellino entrati per moda nel business che si sono ritrovati nella mani un hobby costosissimo. “Fare vino non è una scelta di vita chic ma un mestiere alimentato da tradizioni, preparazione specifica e passione”, dice Chiara Lungarotti, dell’omonima cantina umbra. “Nell’ultimo decennio il settore è stato stravolto, si tratta ora di recuperare i giusti valori, anche economici, del vino lavorando in vigna, in cantina e sul mercato, con efficaci azioni di marketing”.
Il mestiere è anche l’arma che aiuta grandi e piccini a superare i cicli negativi. “I più piccoli”, se hanno definito bene il loro business e si sono organizzati, stanno meglio di altri”, afferma Marco Caprai, l’imprenditore che ha segnato il successo del Sagrantino umbro nel mondo. “Chi invece non ha alle spalle un progetto imprenditoriale o si trova oggi nella fase di start up è indubbiamente più in difficoltà, vista anche la forte selezione che si sta registrando nelle carte dei vini dei ristoranti o nelle enoteche”.
Molte le aziende che segnano il passo, ma non poche quelle che si muovono in controtendenza. Per esempio in Emilia, Veneto, Marche, Puglia, Abruzzo, Sicilia. O in Campania, dove sta dando i suoi frutti la politica del buon rapporto qualità prezzo, che riguarda cantine giovani come Feudi di San Gregorio e storiche come quella di Piero Mastroberardino, che in qualità di presidente Federvini incita a forme di collaborazione tra aziende per azioni di promozione all’estero.
Tanto per fare qualche nome, tra i marchi in crescita ci sono corazzate come Caviro (leader nella cosiddetta fascia di vini quotidiani, da uno a tre euro) che al 30 giugno scorso ha registrato un incremento del fatturato dell’8%; ci sono cooperative come la siciliana Settesoli che vanta un aumento del 15% in volume e del 12% in valore, e ci sono anche maison come Planeta e Cusumano in Sicilia, Fattoria di Magliano in Maremma o la pluridecorata Castello di Ama nel Chianti Classico con tassi di sviluppo dal 15% in su. Scontata per tutti la qualità, comune denominazione di chi tiene il passo sono produzione affidabile, politica commerciale coerente, grande lavoro alla ricerca di nuovi mercati (come dimostrano anche Banfi e Montalcino o Carpené Malvolti in Veneto) e giusto prezzo, pure per le etichette al top del portafoglio aziendale. Non a caso si impolverano negli scaffali le bottiglie senza personalità del prezzo medio alto, mentre si vendono quelle a basso costo e le fuoriclasse. “I prezzi calano e la qualità migliora”, commenta Piero Antinori, grande griffe del settore. “E’ una situazione molto favorevole per il consumatore che riporterà il mercato in equilibrio.

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