02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Mondo

Facciamo il culatello a New York ... La crisi ha sparecchiato le tavole di lusso della Grande Mela. Ma c’è chi, puntando sulla qualità… Della Grande Mela è rimasto il torsolo. O poco altro. Niente più New York da bere. E da mangiare. Perché la tempesta finanziaria ha sparecchiato le tavole dei ristoranti: i bunker ormai sono a dieta di dollari e i conti a quattro zeri sono un ricordo. Resta spazio solo per la qualità. Accompagnata da un’attenzione à la carte per il cliente e da una scelta cruciale: il posto dove alzare le serrande.
Un esempio? Parmacotto, che con Salumeria Rosi aprirà il 15 ottobre uno store monomarca in Amsterdam avenue, nell’Upper west side di Manhattan. Non solo mortadelle take away, ma anche degustazioni e menu sotto la scenografia dell’Oscar Dante Ferretti. “Oggi come oggi, per avviare a New York un ristorante oppure un negozio gourmand”, spiega Cesare Casella, presidete della Italian culinary academy ed ex proprietario di due locali, l’ultimo dei quali venduto di recente e senza neanche pensarci troppo su “la parola d’ordine è una sola: location, location, location. La posizione conta come il mangiare o il prezzo, perché questa città è fatta di piccoli villaggi”. E a Downtown, dalle parti di Wall Street, le cose non vanno più come una volta. La cena da 15 mila dollari innaffiata con Barbaresco Costa Russi di Gaja, o i quattro tagliolini al tartufo (da altrettante migliaia di bigliettoni) prelevati per il volo executive di uno dei guru di Borsa appartengono al passato, come sottolinea Casella con un pizzico di rimpianto. “Ogni anno, a partire dal 2001, è stato sempre più difficile per la ristorazione di alto livello. La competizione si è fatta spietata. E ha puntato verso il basso.
Cosa che, se vogliamo, è anche positiva per i consumatori, perché gli aumenti sono stati minori rispetto ad altri settori. Ma sul fronte business le cose, in questi giorni, vanno davvero male. Mi hanno fatto una nuova proposta per un ristorante. Ho preso tempo, vista l’aria che tira sulla finanza Usa”. Che però non si sia immediatamente passati dai crack ai crackers lo dimostra il milione e mezzo di euro di Parmacotto ha investito per realizzare a New York una boutique del made in Italy. E non è che l’antipasto.”Il nostro progetto prevede l’apertura di cinque punti vendita”, spiega Marco Rosi, fondatore e presidente di Parmacotto. “Del resto”, aggiunge il figlio Alessandro, vicepresidente e amministratore delegato del gruppo, “riteniamo che per affrontare il mercato internazionale bisogna essere presenti oltreconfine. Il che significa andare all’estero. Noi ci stiamo muovendo in questa direzione, con le filiali in Europa e negli Usa”. La Parmacotto America inc nel 2007 ha aumentato le vendite del 50% rispetto al 2006 (nello stesso periodo l’export complessivo di salumi dall’Italia verso gli Usa è cresciuto del 14 %).
Ma ancora non basta. In un Paese in cui è sufficiente un nome vagamente italiano e si sta sugli scaffali con pasta, prosciutto e altri prodotti made in Broccolino, la formula Salumeria Rosi consente di essere “a contatto diretto con la clientela, per raccontare e far vedere da vicino come è fatto un prodotto. In che modo la lavorazione risponde a tre requisiti essenziali : creatività, qualità, tradizione”. Proprio per questo serviva, come sottolinea Marco Rosi, “un luogo che richiamasse una dimensione immaginaria, che non fosse cioè confrontabile con altri”. E da uno schizzo di Ferretti è nato il negozio simil-nave, con una sagoma dell’Italia che si piega sull’angolo tra soffitto a parete, ma che, soprattutto, richiama Arcimboldo: cibi in rilievo con prevalenza di bianco, tranne che su un’Emilia carica di salumi e formaggi coloratissimi. Per mordere meglio quello che è rimasto della Grande Mela.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su