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Allegrini 2024

Il Mondo

Dove la vite fa un’ombra ... Dossier Veneto. Vini rossi e bianci, fermi o con le bollicine: ecco i protagonisti della viticoltura regionale... L’Amarone deve rimanere raro e caro. Ad affermarlo, in controtendenza rispetto al mercato in crisi, sono dieci famiglie storiche della Valpolicella (tra cui Allegrini, Brigaldara e Masi) che hanno deciso di adottare un disciplinare volontario per rendere ancora più selettive le maglie del regolamento. Niente male per un vino che nella sua felice versione attuale risale appena agli anni Quaranta. L’Amarone è infatti il tipo asciutto del Recioto di Valpolicella, prodotto con uve appassite all’aria, estremamente concentrato, di lunga vita e gusto impressionante. In precedenza, invece, se la fermentazione del Recioto sfuggiva di mano e il vino da dolce diventava secco era una jattura. Ma nell’attuale versione l’Amarone è diventato l’ambasciatore del bere bene veneto, con le etichette di produttori eccellenti come Bertani, Romano Dal Forno, Viviani e Serego Alighieri, discendenti di Dante. Nello stesso territorio di Valpolicella insiste il rosso omonimo, da bere più giovane, a sua volta vino concentrato, piacevolmente amaro, per esempio nella declinazione di Quintarelli, una cantina che sforna ogni anno un numero limitato di bottiglie. Nell’area intorno al lago di Garda sta ritornando ai passati apprezzamenti il Bardolino, rosso tenue, ma di carattere (da Guernieri-Rizzardi o Montresor) anche nella sua versione più tenue, il Chiaretto, prodotto da Cavalchina o Raval. Tra le più recenti sorprese merita senz’altro la citazione il Piave Merlot Sante di Cecchetto, rubino intenso, caldo e persistente al palato. Che è Merlot, ma non è vino globale. Merlot (pronunciato con la “t” ben scandita) e Cabernet non sono arrivati in Veneto sull’onda delle mode, ma esistono e resistono da secoli in questa terra che i Dogi avevano aperto al commercio e alle relazioni internazionali. Provare per credere il Merlot e il Cabernet di Maculan. Passando ai bianchi, sta conquistando il mondo con un successo dai pochi precedenti il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene, secco e amaro o dolce e fruttato. Nomi trainanti sono Bortolomiol e Carpenè Malvolti, Bisol e Nardi. Bortolomiol lo declina in varie versioni: dal Bandarossa extradry al profumato Superiore di Cartizze vendemmiato a mano; dal Motus Vitae brut millesimato al Filanda rosé da uve Pinot nero. I Carpenè Malvolti hanno fatto la storia dello spumante italiano in 140 anni di tradizione e innovazione. Primi a far spumante da uve di Prosecco, primi ad applicare il metodo charmat. Dal 2005 ogni anno producono un’etichetta innovativa, da uve e mosti di territori particolari, mai spumantizzati. Nel 2009 è lo Cserszegi, dall’omonimo vitigno ungherese. Dal bianco mosso per eccellenza ai bianchi fermi. E in Veneto ce ne sono di giusti, come il Soave, morbido e nitido, dalla qualità in costante ascesa per esempio di Suavia, di Gini, di Pieropan. O il Colle Euganei, da Vignalta. O il Bianco di Custoza, prodotto sulle colline che si affacciano sul Garda, ricco di fascino, profumi, personalità da Adami e Monte del Frà, Gorgo e San Pietro. Ma dalle uve in Veneto arriva anche un distillato ormai internazionale: la grappa. Ne producono di eccellenti Castagner e Brunello, Bortolomiol e Carpenè Malvolti, Poli e Bonollo. Proprio Bonollo è detentore dell’omonimo sistema unico di produzione che prevede tra l’altro la doppia distillazione e consente di estrarre dalle vinacce il massimo del potenziale aromatico, eliminando le componenti meno nobili.

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