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Il Mondo

Il vino migliore non è da bere ... La selezione di Gelardini & Romani... La casa d’aste ha individuato le etichette più adatte per gli investimenti alternativi... Piacere e passione, ma non solo, I vini più pregiati, quelli più rari e famosi tra i collezionisti e gli intenditori di tutto il mondo, possono anche rappresentare un’occasione di interessante investimento alternativo. Con rendimenti a due cifre, stando anche alle quotazioni sulle aste internazionali di alcune etichette d’autore. Un esempio per tutti: il Masseto 2001, Merlot della tenuta Ornellaia in Toscana, è stato messo in vendita nel 2003 a 180 euro e oggi vale in asta dai 500 euro in su. Al centro dell’interesse di un pubblico giovane di appassionati (in media 35 anni), ci sono vini francesi come il mitico rosso di Borgogna Romanée Conti o i bordolesi di famosi Châteaux (Margaux, Lafite, Mouton-Rothschild, Petrus, tanto per portate qualche esempio), e anche blue chip italiane: poche preziose bottiglie firmate da un pugno di aziende, soprattutto toscane e piemontesi. Tra queste la Marchesi Antinori, azienda fiorentina del made in Italy enologico, alla testa del maggiore gruppo del mercato italiano e la più piccola, ma non meno famosa, Tenuta Ornellaia. Ancora in Toscana operano la Tenuta San Guido (madre del più noto Sassicaia), Biondi Santi, firma storica del Brunello di Montalcino, Montevertine (il suo Pergole Torte è stato tra i primi Super Tuscan del mercato). Mentre è veneta la Romano Dal Forno e sono piemontesi Bruno Giacosa, Giacomo Conterno, Gaja. Sono alcune delle maison del vino habitué delle aste internazionali, dove nel frattempo stanno conquistando spazi di notorietà e valutazioni crescenti anche griffe più giovani come Castello di Ama, Valdicava, Tenuta Sette Ponti (dell’imprenditore del lusso Antonio Moretti), Tua Rita, Le Pupille, Le Macchiole. Secondo Gelardini & Romani wine auction, la prima casa d’aste italiana specializzata esclusivamente in vino, sono in tutto 22 le aziende che firmano etichette capaci di conquistare un valore economico nel tempo. Quelle cioè che producono i 28 vini protagonisti della lista dei grand cru d’Italia, resa pubblica venerdì 20 novembre dalla casa d’aste romana. “La selezione è stata fatta sulla base della media dei prezzi di aggiudicazione e sulla percentuale di lotti rimasti invenduti: si può dire senz’altro che volendo investire con sicurezza nel vino, non c’è niente in Italia al di fuori di questa lista”, dice al “Mondo” Raimondo Romani, fondatore assieme a Flaviano Gelardini della giovane società in forte crescita, che organizza cinque aste l’anno (l’ultima è stata programmata per il prossimo 19 dicembre). I vini superstar sono suddivisi per fasce di prezzo medio di vendita nelle aste. “Si tratta solo di un’indicazione, perché le diverse annate di una stessa etichetta possono avere quotazioni anche molto differenti tra loro”, precisa ancora Romani. “In pratica quando si parla della qualità delle annate dei grand cru, la differenza sostanziale sta nella longevità. L’annata eccezionale è per gli appassionati, per i collezionisti che sanno aspettare, per un regalo prestigioso, per un investimento. L’annata minore, che non è meno buona ma è meno longeva, è più a buon mercato e più adatta a un consumo immediato”.

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