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Il Mondo

… Vino a prova di straniero … Enologia nel primo semestre 2010 le vendite all’estero sono più che raddoppiate rispetto al 2009 … Barolo, Barbera, Pinot, Brachetto, Dolcetto e soprattutto Moscato. I vini del Piemonte non hanno bisogno di presentazioni. Al punto che, nonostante la crisi, sono riusciti a segnare un vero boom sui mercati internazionali. Secondo le stime dell’Associazione enologi ed enotecnici italiani, i vini Dop delle numerose aziende piemontesi (fra le 11 mila e le 14 mila per Union-camere) hanno registrato nel primo semestre 2010 una crescita dell’export del 116%. Un dato particolarmente rilevante se si considera che la quota all’estero dell’intera produzione regionale (poco più di 3 milioni di ettolitri nella vendemmia 2010, 10% rispetto all’annata precedente) è lievitata però di appena lo 0,6%. Segno, insomma, che l’attenzione dei consumatori è rivolta sostanzialmente all’eccellenza e ai vitigni autoctoni. “Qualità e quantità della vendemmia per il 2010 sono state buone, ma il problema è che il prezzo delle uve continua a scendere a danno dei coltivatori”, spiega Francesco Carrù, presidente della Ugc Coopagri Piemonte. Pur potendo contare su 14 Docg e 46 Doc, i coltivatori piemontesi hanno dovuto fare i conti con una flessione dei prezzi delle uve che per alcune varietà sono scivolati fino a 25 centesimi il chilo. Non è un caso, infatti, che proprio in questo territorio, in particolare a Castagnola delle Lanze, in provincia di Asti, il Comune abbia pensato di lanciare l’iniziativa “Adotta un filare” con tanto di certificato di adozione. L’idea è che si possa scegliere un proprio filare in vigna con Ma il continuo calo del prezzo dell’uva comincia a creare qualche problema la garanzia di ottenere in cambio un minimo di 12 bottiglie di Barbera di alta qualità. Ma ancora molto c’è da lavorare soprattutto per tutelare i raccolti. “Le grandi aziende come Gancia hanno fatto la loro parte in una fase difficile di mercato”, spiega. “Tuttavia è ancora necessario uno sforzo in ricerca e sviluppo per evitare che malattie come la florescenza dorata danneggino la produzione”. E se per i coltivatori che consegnano normalmente le proprie uve alle cantine sociali le cose non vanno tanto bene, tengono, invece, le imprese che producono, imbottigliano e commercializzano il prodotto. A Canelli, per esempio, luogo dove un secolo e mezzo fa Carlo Gancia creò lo spumante italiano e oggi meta del turismo delle cantine (vere e proprie cattedrali riconosciute dall’Unesco patrimonio dell’umanità), la produzione vinicola prospera. A iniziare da quella dei Fratelli Gancia, azienda da circa 65 milioni di euro di fatturato in pieno rilancio grazie all’opera dell’amministra-tore delegato, Paolo Fontana, che dalla redditività negativa del 2007 punta ad arrivare a un ebit 2010 in crescita del 10%. Un dinamismo condiviso non solo da altre imprese di Canelli come Coppo, Bosco e Contratto, ma anche da diverse realtà diffuse in ogni angolo della regione. Piccoli gioielli come Braida, uno dei principali produttori di Barbera del Piemonte con etichette rinomate come Bricco dell’Uccellone e Ai Suma, o come Monfalletto, un podere le cui origini risalgono al 1340 e oggi proprietà di Giovanni Cordero di Montezemolo, che, nel cuore delle Langhe, produce un pregiato Barolo. O ancora la Araldica Vini, cooperativa che riunisce 300 soci che coltivano oltre 900 ettari. E in questo panorama di tutto rispetto, immerso nella tradizione e nella storia, di recente si è anche aperta una nuova nicchia di mercato: quella dei vini ‘bio» che, come suggeriscono le rilevazioni di Nomisma, negli ultimi tre anni non hanno conosciuto crisi con un giro d’affari crescente per Doc e Docg pari a circa 1,3 miliardi di euro. In Piemonte naturalmente non mancano cantine che hanno sposato la ‘naturalezza» riunite attorno all’Associazione di vino biologico Trimilli. Ma la frontiera più avanzata di questo tipo di produzione è la biodinamica, quella cioè che promuove la biodiversità e mette al bando gli Ogm, di cui è espressione La Raia di Novi Ligure di proprietà di Giorgio Rossi Cairo, fondatore della società di consulenza strategica Value Partners, che ha anche voluto una cantina a risparmio energetico e basso impatto ambientale. Un connubio, bio più ecologia, assolutamente vincente anche sui mercati esteri dove La Raia esporta il 40% della propria produzione. Infine, accanto al mercato dei vini, in Piemonte c’è anche un settore attiguo che non conosce crisi: quello dell’industria delle macchine per il vino di cui porta memoria il Museo del vino di Canelli con le macchine delle Officine macchine enologiche Culasso, la prima azienda al mondo del settore. Oggi sono ormai oltre un centinaio le imprese industriali piemontesi di ogni dimensione che operano nel business dell’enomeccanica producendo un giro d’affari che si attesta sui 400 milioni di euro (1’80% all’estero) e dando lavoro a un migliaio di addetti specializzati. Un settore che va bene in una nicchia apprezzata a livello internazionale grazie a società come Cavagnino & Gatti (macchine etichettatrici), ma anche a realtà più piccole per l’imbottigliamento come la Pami o ancora piccole officine per la realizzazione di macchinari come la Scagliola Severino. Rara eccellenza produttiva che il mondo intero ci invidia.

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