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Il Mondo

Il prosecco ha fatto boom ... Vino il Conegliano Valdobbiadene è al massimo della capacità produttiva. E cresce anche l’amarone ... E' un momento d’oro per il vino veneto. Il Prosecco vola (e moltiplica vertiginosamente le quantità prodotte), l’Amarone è sempre più amato e venduto (anche se sul boom ci sono luci e ombre) e il Soave conquista sempre più fette di estimatori.
“Entro 25 anni la richiesta di mercato del Prosecco supererà il miliardo di bottiglie e creerà 30 mila nuovi posti di lavoro”, ha detto il produttore Gianluca Bisol a Wine Future Hong Kong. Il comparto oggi occupa 10 mila persone tra Veneto e Friuli, per una produzione che nel 2011 sfiorerà i 280 milioni di bottiglie, ma già nel 2012 arriverà a quota 350 milioni. Il cuore storico del Prosecco batte tra le colline vitate del Conegliano Valdobbiadene, le cui bollicine sono le uniche della tipologia a vantare la Docg. E i margini di crescita sono risicati: “Qui”, spiega il direttore del Consorzio di tutela, Giancarlo Vettorello, “la potenzialità produttiva ha quasi raggiunto il massimo, con circa 66 milioni di bottiglie”. L’area di produzione, che vede al vertice qualitativo il Cartizze e le denominazioni comunali Rive, è limitata ai 15 Comuni della Docg, definiti nel 1969 e mai modificati. Del resto, il successo dei vini veneti è determinato dai tanti vitigni autoctoni: Garganega, Trebbiano di Soave e Prosecco sono fra le principali uve per i bianchi, Corvina, Rondinella, Molinara e Raboso sono quelle che vanno per la maggiore per i rossi. Per tutti questi vitigni il momento è propizio: “Il Prosecco sta conquistando sempre nuovi mercati, dagli Stati Uniti all’Australia”, spiega Domenico Zonin, vice presidente dell’omonima casa vinicola di Gambellara (107 milioni di euro di giro d’affari, 28 milioni di bottiglie commercializzate in cento Paesi). “Il gusto del consumatore si è spostato sugli spumanti, fruttati, non molto alcolici, facili da bere e con un ottimo rapporto qualità-prezzo. Amarone, Ripasso e Valpolicella stanno invece incrementando le vendite sui mercati tradizionali”. Il core business dell’azienda resta il Prosecco, a cui si affiancano altre chicche realizzate in diverse zone d’Italia, come il rosso di Maremma Rocca Montemassi, che Zonin produce in collaborazione con Denis Doubordieu, preside della Facoltà di enologia di Bordeaux e consulente dei più grandi Chteaux della zona. Quando sente parlare di Amarone in ascesa sui mercati esteri, Sandro Boscaini, numero uno di Masi agricola, colosso da 60 milioni di euro di fatturato e 12 milioni di bottiglie, di cui un milione di Amarone, per il 90% destinate all’export, storce il naso: “Oggi in Valpolicella si producono oltre 15 milioni di bottiglie, ma solo 6 sono venduti sullo scaffale a 25-30 euro da aziende storiche come la nostra, Bertani, Quintarelli, Allegrini e Tommasi”. E gli altri 9 milioni? “Si tratta di un Amarone di largo consumo, che la grande distribuzione estera commercializza a prezzi tra i 18 e i 10 euro. E ovvio che va a ruba, ma a discapito della qualità e dell’esclusività”. Così, dodici produttori storici sono corsi ai ripari fondando l’associazione “Le famiglie dell’Amarone d’arte”: uno stretto disciplinare, un marchio e un ologramma anticontraffazione tutelano il consumatore che cerca il prodotto tradizionale. In un modo o nell’altro, comunque, questo vino “è il rosso più trendy del momento in tutto il mondo”, assicura Bruno Trentini, direttore generale della Cantina di Soave. La realtà cooperativa è la sesta azienda italiana per produzione di spumante, con il cavallo di battaglia metodo Charmat Maximilian e il fiore all’occhiello Equipe 5, metodo classico da centellinare. Poi ci sono il bianco di Soave, che piace sempre di più, e tutti i rossi della Valpolicella: “Abbiamo chiuso l’esercizio 2010-2011 con
+10% di fatturato (89 milioni)”, dice Trentini, “e quello in corso sta andando ancora meglio. Per questo nelle strutture di Soave stiamo investendo per il raddoppio della produzione”

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