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Il Mondo

Bollicine, business effervescente ... Su 24 milioni di bottiglie prodotte in Italia, il 35% è rappresentato da quelle del marchio trentino che riunisce 37 aziende. Le vendite stimate per il 2011 si aggirano tra gli 8,5 e i 9 milioni di pezzi, ma il traguardo è di arrivare a quota 14 milioni ... Spumante gli obiettivi di Trentodoc, la denominazione che adotta il metodo classico ... Tra gli spumanti è il più apprezzato in Italia. Sarà perché le sue uve, Chardonnay e Pinot Nero come previsto dal disciplinare, crescono e maturano in un ambiente estremamente favorevole, sarà perché nella regione l’attenzione all’agricoltura integrata è un protocollo d’intesa promosso e seguito da tutti i produttori già a partire dagli anni Ottanta. Oppure, ancora, sarà perché la tradizione del metodo classico nella zona è ormai centenaria. Fatto sta che su 24 milioni di bottiglie prodotte nel nostro Paese, il è rappresentato dal Trentodoc, la prima Doc al mondo dopo lo Champagne a essere assegnata a un metodo classico. Non c’è dubbio che i buyer identificano nel Trentodoc un prodotto di eccellenza e anche nelle enoteche e nei wine bar è uno dei più richiesti. La percezione molto positiva dipende non solo dalle caratteristiche organolettiche, ma dal fatto che tutte le 37 aziende locali produttrici, da quelle più grandi alle più piccole, offrono almeno un prodotto di base e uno di fascia più alta, una riserva. Non a caso, secondo le ricerche di mercato, il Trentino è ritenuto una terra di ottimi spumanti”, afferma Fausto Peratoner, presidente dell’Istituto Trentodoc, l’ente che riunisce tutti i 37 produttori del metodo classico trentino e si occupa del coordinamento della promozione e salvaguardia dell’immagine del prodotto.

Domanda. Quanto pesa il Trentodoc sul comparto vitivinicolo della regione?

Risposta. la prima denominazione come produzione e le vendite stimate per il 2011 si aggirano tra gli 8,5 e i 9 milioni di bottiglie, però le prossime settimane saranno decisive. Infatti, se fino a pochi anni fa l’80% del fatturato si raggiungeva durante le festività, in tempi più recenti questa percentuale è scesa di 20 punti, ma la destagionalizzazione non registra ancora una crescita a due cifre. Quindi, si può ragionare sul valore di cessione registrato l’anno scorso, pari a circa 90 milioni di euro, che rappresenta i ricavi delle cantine ed è una cifra importante rispetto al totale del sistema vino della regione. Per produrre le bottiglie sono stati utilizzati 63 mila ettolitri di vino, l’equivalente di 90 mila quintali di uva, che valgono più o meno 75 milioni di euro. Insomma, la parte più consistente spetta ai proprietari delle vigne, di cui l’85% è socio di una Cooperativa e conferisce il raccolto alla cantina vinificatrice e così il valore aggiunto si concentra nella prima parte della filiera.

D. Vi proponete di fare da traino al sistema vino della regione con il Trentodoc?

R. I produttori ritengono che sia uno strumento importante per la valorizzazione delle uve Chardonnay e Pinot Nero già coltivate, perché c’è un collegamento molto stretto tra chi produce l’uva e chi la trasforma: in Trentino il modello di cooperazione è molto diffuso e ha come obiettivo quello di ottenere una remunerazione il più possibile vantaggiosa per i propri soci conferenti. E poiché dei 350 mila quintali di uve Chardonnay, un terzo serve per lo spumante e una parte per i vini fermi, rimane ancora una quota venduta fuori zona. Potrebbe essere invece allocata al Trentodoc. La strategia, quindi, è quella di posizionare nella maniera migliore possibile il marchio per far sì che i viticoltori abbiano tutto l’interesse ad aumentare la produzione sapendo che il metodo classico ha delle prospettive di crescita. Inoltre, si tratta di un territorio che si presta a incrementare la produzione perché con l’aumento delle temperature la viticoltura in questi anni si è spostata verso l’alto per garantire le caratteristiche prestabilite dei vini. E per noi spingersi un po’ in su non è certo un problema. Il traguardo? 14 milioni di bottiglie prodotte tra dieci anni.

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