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“Oggi tornano in auge i vini monovarietali e i vitigni autoctoni, soprattutto bianchi e profumati. Proprio quelli che l’Alto Adige produce”. Così Anton Zublasing, presidente del Consorzio vini altoatesino, spiega perché il settore vinicolo di Bolzano non conosce crisi: “Il giro d’affari complessivo è di 180 milioni di euro per 340 mila ettolitri prodotti nel 2011, di cui 40 milioni di bottiglie (95% del totale) sono di vini Doc. Il 48% viene consumato in regione, grazie anche alla forte presenza turistica in ogni mese dell’anno”. Al resto d’Italia è destinato il 20% dell’imbottigliato, mentre sull’export pesano soprattutto Germania (12%) e Stati Uniti (8%). “Cantine sociali e produttori privati hanno capito che attraverso i nostri vini promuoviamo il territorio e viceversa”, sottolinea Zublasing. E in quest’ottica che, da qualche tempo, sulle capsule delle bottiglie dei vini Doc dell’Alto Adige appare il nuovo marchio di riconoscimento territoriale Südtirol Wein: al progetto hanno aderito 40 aziende, pari al 75% dei produttori. E se Pinot Bianco, Sauvignon e Gewurztraminer coprono la maggior parte del quantitativo prodotto, sono i Kerner, Sylvaner e Veltliner della Valle Isarco (bianchi dall’aroma fruttato e il corpo elegante e deciso) che negli ultimi tempi stanno facendo impazzire guide e cultori. Ma in Alto Adige anche una Cenerentola come la Schiava può diventare una principessa: rappresenta il 20% del totale di superficie vitata altoatesina e i vignaioli ci hanno scommesso, rendendola più caramellosa e fruttata. E facendone il trend del momento, “anche per via del prezzo, in media 4,5-5,5 euro, accessibile per qualunque portafoglio: in un periodo in cui tutti stanno attenti ai costi oltre che alla qualità, è sicuramente un vino d’appeal”, conclude Zublasing.