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Il Mondo

Il Mondo Vino, la grande bevuta ... Wine & Business La corsa ad acquistare cantine e tenute da parte di italiani e stranieri (persino brasiliani)... Caccia alla produzione di Brunello di Montalcino e dì doc toscani. Ma anche di piemontesi, nel mirino di Oscar Farinetti, e di veneti. Ecco i colpi messi a segno... Quattro colpacci a Montalcino. Il finanziere brasiliano Andrè Santos Esteves ha comprato la storica cantina Argiano, una delle più importanti nella preziosa terra del Brunello. La Soleya international corporation di Panama si è invece assicurata la Tenuta Oliveto e l’imprenditore argentino Alejandro Pedro Buigheroni ha rilevato 15 ettari di vigne e cento di terreni dalla Fattoria dei Barbi. Di più. Bulgheroni si è mosso anche nel Chianti classico, acquisendo la Tenuta di Dievole a Vagliagli (Siena), mentre l’armatrice belga Virginie Saverys, fresca proprietaria dell’ azienda Avignonesi a Montepulciano, ha già allargato il suo raggio d’azione rilevando altri vigneti dalle famiglie di Paolo e Marco Folonari. Ultimo atto, la cooperativa Caviro ha acquistato la Leonardo da Vinci, proprietaria della Cantina di Montalcino.
C’è gran movimento sul mercato del vino. E non solo nell’ambita Toscana. Il gruppo di private equity 21 investimenti di Alessandro Benetton ha appena preso il controllo dell’abruzzese Farnese vini, cantina che figura nella classifica del Mondo delle maggiori aziende vitivinicole, con 28 milioni di fatturato nel 2011. Farnese ha casa in una regione in grande spolvero, su cui stanno puntando gli occhi anche il gruppo Zonin, Santa Margherita, Feudi di San Gregorio. Campari wines (giro d’ affari 133,3 milioni) ha agganciato la friulana Volpe Pasini, portando a otto il numero di aziende che hanno affidato la distribuzione in esclusiva al suo polo vinicolo guidato da Andrea Montorfano, che comprende anche quattro cantine di proprietà, come Sella e Mosca in Sardegna e la Enrico Serafino in Piemonte. Oscar Farinetti, con la sua macchina da guerra Eataly, è diventato in poco tempo il punto di riferimento di un gruppo di cantine che ruota attorno alla piemontese Fontanafredda comprata da Montepaschi (più di 40 milioni di fatturato). A occuparsi del business vino è il figlio Andrea, 22 anni: “La nostra idea è di aggregare in un progetto commerciale tante belle aziende, ciascuna con la sua strategia e filosofia produttiva, di cui curiamo la distribuzione”. La strategia riunisce fin qui aziende di proprietà, come Borgogno o Castello Santa Vittoria in Piemonte, varie partecipate, come Monterossa in Franciacorta o Vigne di Zamò in Friuli, e accordi di distribuzione, come quelli, appena siglati, con la siciliana Calatrasi &. Miccichè, la marchigiana Fulvia Tombolini e la pugliese Agricola del Sole nell’ambito dell’iniziativa Vino libero.
Basta guardarsi intorno. La durezza del mercato in cui sono decisive spalle grosse, buona rete commerciale e forte presenza estera, ha piegato i sogni di tanti vignaioli e messo in crisi piccoli marchi, anche di bella qualità, ma privi di massa critica a fronte degli alti costi di distribuzione. In questa cornice, chi ha voglia di crescere ha buon gioco. Con differenti strategie. C’è chi offre accordi solo commerciali (almeno in prima battuta), chi vùole anche partecipare al capitale, chi compra tutto, come ha fatto il gruppo farmaceutico Angelini che sta ora riorganizzando le sue proprietà sotto la regia di Emilio Pedron, dopo l’importante acquisizione della Bertani, storico marchio di Amarone. L’ultimissima operazione? L’ha messa a segno Duca di Salaparuta dell’Illva di Saronno, cui fanno capo anche i marchi Corvo e Florio (44 milioni di fatturato). Per sfruttare la sua rete di 120 agenti, la cantina siciliana ha avviato un progetto di partnership commerciali che conta già tre accordi: con la maison di champagne Lanson, con l’abruzzese Barone di Valforte e con la toscana Caparzo della famiglia Gnudi Angelini, produttrice di Brunello di Montalcino (Caparzo), Chianti classico e Morellino di Scansano (con i marchi Borgo Scopeto e Doga delle Clavule). “Nell’attuale mercato o sei grande e prepotente o fai fatica: questo è un accordo tra due famiglie che parlano un linguaggio che va al di là dei soli numeri, e i vini delle nostre aziende si completano bene”, commenta Elisabetta Gnudi, che ha lasciato fuori dalla joint Altesino, altra cantina montalcinese di sua proprietà. Se il piccolo si appoggia a una rete forte, il grande allarga così il suo portafoglio. “Per operare sul mercato italiano è indispensabile che la rete commerciale cambi modello operativo, in linea con le nuove esigenze della clientela che richiede ormai piccole forniture e per di più di vini diversi”, aggiunge Filippo Cesarini Sforza, dg di Duca. “Il nostro obiettivo è offrire un servizio sempre più completo: siamo infatti la prima azienda a creare una rete di wine ambassador, nuova figura professionale specializzata nella promozione del prodotto”, spiega Cesarini Sforza puntando ora al Nord, nell’area del Prosecco. “Non vogliamo diventare un distributore anni Ottanta, con tante referenze per fare fatturato”, puntualizza Cesarini Sforza. “Ci interessano solo cantine con prodotti affermati e un bel profilo aziendale”.
Galeotto tra Duca di Salaparuta Caparzo e Barone di Valforte è stato Lorenzo Tersi, professionista esperto del settore che lo scorso anno ha anche aiutato Fazi Battaglia a raggiungere l’intesa con Campari wines. “C’è fermento sul mercato sulla spinta di aziende con buona struttura manageriale”, nota Tersi.
“E il più facile punto di incontro è l’accordo di distribuzione in esclusiva, pluriennale, in Italia o anche all’estero, che favorisce entrambe le aziende, conserva l’identità del produttore e consente una crescita iniziale del fatturato superiore al 10%”. La tipologia di aziende più ricercata? E quella dell’azienda agricola evoluta, con una produzione di 2-300 mila bottiglie, già apprezzata dalla critica enologica, e con un bel polmone di vigneti di proprietà indice di crescita potenziale”. Accordi commerciali anche per Cesare e Andrea Cecchi, proprietari dell’omonima cantina nel Chianti classico (più di 32 milioni di fatturato) pronta ad allargare il suo perimetro. Nel ricco portafoglio aziendale, c’è oggi anche il Brunello di Montalcino della Castiglion del Bosco di Massimo Ferragamo, una delle più belle realtà dell’area, con 55 ettari di vigneti.
Ciliegina sulla torta l’intesa con la famiglia Collard Picard per la distribuzione in Italia dell’omonimo champagne. In Campania, Feudi di San Gregorio “adotta un modello di crescita flessibile, perché sono le opportunità a detenninare le strategie”, analizza Antonio Capaldo, presidente e proprietario, con la sua famiglia, della cantina che fattura più di 20 milioni. Tra i progetti, il radicamento al Sud, come dimostra l’acquisto dellatgnuta Basilisco in Basilicata e di 50 ettari di vigneti a Manduria, in Puglia, dove nascerà una nuova cantina. Ma non solo: Feudi è entrata con una quota di minoranza nella cantina Sirc in Friuli, di cui distribuirà i vini in esclusiva. E un accordo tra aziende che si conoscono bene: la friulana appartiene infatti alla famiglia Sirc e Paolo Sirc, agronomo, è anche ad della cantina campana.

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