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Il Mondo

Il vino è buono se ha il fondo ... Esposito lancia un secondo veicolo di investimento in etichette di pregio ... Il vino italiano è apprezzato in tutto il “ mondo, eppure non vanta quotazioni pari a quelle dei vini francesi, spagnoli e addirittura statunitensi: per esempio, un grande rosso come il Sassicaia si vende a poco più di cento euro, un Masseto lo si trova a 2-300 euro e una rarissima riserva di Amarone Quintarelli non va oltre i 300, mentre una etichetta della francese Romanée Conti tocca facilmente i 3 mila, o una della spagnola Vega Sicilia 800- 1.000 euro. Perché i nostri cavalli più importanti non spuntano prezzi analoghi?”. Tra i più affermati operatori sul mercato vinicolo internazionale, Sergio Esposito è un fiume in piena: 45 anni, da 39 negli States, ha fondato l’Italian wine merchants a New York, il più famoso negozio di vino italiano degli Stati Uniti (oggi articolato in cinque aziende, è anche a Hong Kong), e tre anni fa ha creato il Bottled asset fund (Baf), primo fondo di investimento al mondo specializzato in vino italiano, di cui è il ceo. Proprio il Baf nella scorsa primavera ha messo sul piatto 4 milioni di euro per acquistare la leggendaria collezione di annate di Brunello di Montalcino firmate Biondi Santi: 7 mila pezzi, dal 1945 al 1975, tra i quali centinala di bottiglie delie mitiche annate 1955 e 1964, che rappresentano la più grande vendita di vini italiani blue chip sul mercato nazionale. La transazione è avvenuta poche settimane prima della scomparsa di Franco Biondi Santi, il produttore toscano che per primo ha introdotto nella cultura enologica italiana la pratica dei vini da invecchiamento. L’operazione ha sicuramente impreziosito il portafoglio Baf: “li fondo ha una struttura di private equity ed è partito con un investimento di 9 milioni. Tra vendite e riacquisti abbiamo investito fin qui 12 milioni, realizzando, tolte le spese, un ritorno del 30-35%”. Risultati che appaiono stellari di questi tempi. E secondo Esposito è solo l’inizio. “L’importante è far scoprire al mercato finanziario che investire in vini italiani può essere più interessante che investire in vini francesi e voglio che le banche si accorgano delle performance che sono in grado di realizzare”, sostiene il manager. Il tutto a una condizione: “Occorre una struttura che sia in grado di acquistare i migliori vini e di custodirli in condizioni perfette perché aumentino di valore nel tempo. È poi indispensabile trovare la piazza giusta, dove il prezzo di vendita sia trasparente, in modo da ottenere quotazioni note e creare finalmente un nuovo mercato: oggi in Italia il vino si ama, ma non si vuole pagare, mentre si spende qualunque cifra per altri beni di lusso e ciò accade perché i produttori non sono bravi nella vendita e nel marketing”. Insomma, se i risultati delle aste internazionali continuano a sancire il dominio della Francia sul terreno dei vini da investimento, secondo Esposito è anche perché i produttori e tutto il sistema made in Italy non si è mosso fin qui con il piede giusto e sufficiente grinta pur disponendo di prodotti eccellenti in grado di invecchiare agevolmente per 50-70 anni. Ci sono le condizioni per voltare pagina? Esposito, che è anche direttore di Vino management corporation, organo amministrativo di Baf, ci scommette al punto tale da lanciare un secondo fondo di investimento specializzato con disponibilità di circa 30 milioni. “Partiamo subito e cerchiamo anche investitori che non si limitino a mettere soldi, ma abbiano anche entrature interessanti in vari Paesi per potenziare le vendite”, anticipa il ceo che dal 2010 divide il suo tempo tra la Grande Mela e Genova. Gli acquisti in programma sono top secret: “Non posso rivelare la mia strategia, ma è chiaro che punto sulle etichette top e anche su vini di piccole aziende in ci crediamo, come la Cupano a Montalcino”. Quali le zone bersaglio? “Toscana, Piemonte, Veneto e anche un po’ di Campania e di Friuli, senza escludere altre zone emergenti, soprattutto al Sud, che stanno producendo vini che sono uno spettacolo”.

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