Oggi una nicchia, per lo più relegati al ruolo di “fine pasto” o di “vini da meditazione”, nel passato i vini dolci e fortificati erano tra i più apprezzati e ricercati, dal popolo come dalla nobiltà di mezza Europa. E chissà che non tornino a brillare, un giorno, magari diventando, anche formalmente, Patrimonio dell’Umanità. Perché c’è chi vuole far riconoscere il processo di produzione dei vini fortificati come Patrimonio dell’Unesco. L’iniziativa è del Consorzio per la Tutela del Vino Marsala Doc, che ha invitato i rappresentanti di Jerez, in Andalusia, considerata “capitale dello Sherry”, e Samos, in Grecia, territorio di grandi passiti, a firmare un protocollo d’intesa che punta all’obiettivo Unesco, estendendo già l’invito a dare il loro apporto anche alle regioni del Madeira, ancora in Spagna, e del Porto, in Portogallo. A darne notizia è il Concours Mondial de Bruxelles, che “avvalendosi della sua rete internazionale e con l’obiettivo di promuovere i produttori di vini fortificati, ha creato dei ponti tra i leader delle prestigiose denominazioni vinicole di Marsala, Jerez, Samos, Madeira e Porto”.
Con il progetto che vorrebbe arrivare al riconoscimento Unesco per il metodo di produzione di questi vini, che “fa parte di un’iniziativa volta a difendere e promuovere l’inestimabile patrimonio storico, culturale, economico, architettonico, enologico, agricolo e gastronomico di queste cinque regioni vinicole, che costituiscono la “Sun Belt”, una fascia climatica soleggiata che copre i territori meridionali dell’Europa. Si tratta di un’iniziativa importante, che dovrebbe aiutare a riscoprire la contemporaneità di questo stile di vino, soprattutto tra le giovani generazioni”, spiega il Concours Mondial de Bruxelles, che vedrà la sua “Sessione Vini Dolci e Fortificati” andare in scena dal 17 al 19 settembre, in Sicilia, per eleggere i migliori vini al mondo della categoria.
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