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IL RITORNO AL “BELLO OVILE” DELLA FAMIGLIA ALIGHIERI: DOPO 700 ANNI DI ESILIO SI CHIUDE IL “TRIANGOLO DANTESCO” GRAZIE A UN PERCORSO CULTURALE CHE COINVOLGE FIRENZE, RAVENNA E VERONA, LE CITTA’ CHE HANNO OSPITATO IL “SOMMO POETA”

Italia
Massimilla Serego Alighieri

Era il 1301 quando Firenze fu messa a ferro e fuoco da Carlo di Valois, e il 9 novembre dello stesso anno Canto Gabrielli da Gubbio fu nominato Podestà della città, dando inizio ad un’atroce persecuzione di chiunque fosse ostile al Papa. Acerrimo nemico di Bonifacio VIII, di cui osteggiava apertamente l’ingerenza nelle vicende pubbliche, era Dante Alighieri che, da quel momento, non poté più tornare al suo “bello ovile”. Iniziò un lungo peregrinare, che lo portò prima nella liberale e ghibellina Verona - tra il 1312 e il 1318 - e poi a Ravenna, dove morì nel 1321. Ed è proprio a Verona, la città di “Romeo e Giulietta”, che ha inizio un’altra storia, che dalla poesia sfocia nel mondo del vino. Qui, infatti, il figlio di Dante, Pietro, notaio e cantore della Divina Commedia, nel 1353 acquista il Podere Casal dei Ronchi in Gargagnago, nelle colline veronesi, ancora oggi, dopo ventuno generazioni, di proprietà dei Conti Serego Alighieri. Il nome deriva dall’unione di due famiglie, avvenuto “con il matrimonio tra Marco Antonio Serego e l’ultima discendente della famiglia Alighieri, Ginevra Alighieri, nel 1549, da lì il primo Serego Alighieri, Pier Alvise”, racconta a WineNews l’ultima discendente, Massimilla Serego Alighieri, che rende merito a Pietro, “perché ci ha aperto la strada a quello che speriamo di fare bene adesso, e che speriamo di fare sempre meglio anche in futuro”.

Non è possibile condensare 650 anni di storia in poche righe, ma il “fil rouge” che lega le 21 generazioni di Alighieri dal 1353 ad oggi è indubbiamente il vino, una passione che si tramanda di padre in figlio, di Pier Alvise in Dante - i due nomi che si alternano di generazione in generazione nell’albero genealogico della famiglia. Sicuramente, continua Massimilla Serego Alighieri, “quello che ci ha creduto di più è stato mio nonno, che ha fondato la scuola di viticoltura nel 1920, nata per il reimpianto delle viti dopo la filossera, malattia che colpì l’Italia e l’Europa nei primi del ‘900”. Da cui, anni dopo, prende le mosse l’Università di enologia di Verona, confermando il legame stretto che lega la città alla viticoltura. Poi, il ritorno al “bello ovile”, nome dell’azienda che la famiglia Serego Alighieri ha comprato in Toscana (insieme alla famiglia Boscaini della Masi Agricola, da sempre partner della Serego Alighieri, nonchè una delle famiglie storiche dell’Amarone e ottimi produttori in Valpolicella), a Cinigiano, dove la Val d’Orcia incontra la Maremma, in onore del ”Sommo Poeta”, “perché Dante cita la Toscana e la chiama “Bell’ovile” quando dalla Toscana fu allontanato. Avrebbe voluto far ritorno al suo bell’ovile e noi ci siamo tornati, col vino e non con la poesia sperando che il vino porti la poesia che deve dare”, racconta ancora Massimilla.

Firenze, Ravenna e Verona, si chiude così il “triangolo dantesco” che presto, su progetto del padre della produttrice, il conte Pier Alvise Serego Alighieri, e grazie alla collaborazione tra le amministrazioni delle tre città, darà vita ad un vero e proprio percorso culturale, che coinvolgerà anche la cantina veneta e culminerà nelle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante. Un percorso in cui dovrà necessariamente rientrare il vino, come si augura Massimilla Serego Alighieri “anche perché la cultura italiana è molto spesso vino e questo triangolo dantesco di cui si parla è una promozione culturale di cui mio padre è fautore, è un’idea sua. Speriamo che i vini facciano da tramite tra questa tre città, che hanno ospitato, nel bene o nel male, Dante per tutta la sua vita”.

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