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Il Secolo Xix

Vinitaly: il grande ritorno dei bianchi italiani. Il grande ritorno dei bianchi italiani ma il vero problema resta il prezzo … In un Vinitaly meno colorato e festoso del consueto, dove in segno di lutto per la scomparsa del Papa sono stati cancellati spettacoli e cene di gala e dove, a mezzogiorno, i grandi del vino italiano (gli Antinori, i Frescobaldi, i Biondi Santi e gli altri), interrotta la degustazione clou della manifestazione, si sono raccolti con il pubblico in un minuto di silenzio, ieri è stato il giorno degli affari, delle trattative con i buyer internazionali, dei contatti con gli addetti ai lavori. E da Verona, capitale mondiale del vino e dell'olio, emergono le nuove tendenze del mercato. Per esempio, quella di un ritorno ai vini bianchi, dopo quasi un decennio di avanzata dei rossi.
Da, qualche tempo, affermano gli esperti, i bianchi stanno recuperando terreno, soprattutto sui mercati esteri, in particolare Usa e Nord Europa.

«E' vero - conferma Michele Bernetti della cantina marchigiana Umani Ronchi, un'azienda che esporta il 75% della sua produzione in oltre 50 Paesi - stiamo assistendo a una ripresa generale dei bianchi, sia all'estero che in Italia, in particolare per le bottiglie di grande personalità, con un ottimo rapporto qualità/prezzo e prodotte con vigneti autoctoni». Fra i bianchi italiani che hanno successo sui mercati esteri, ci sono il Verdicchio e i bianchi del Collio e dei Colli Orientali del Friuli. «C'è un riavvicinamento ai bianchi e non poteva che essere così - osserva Ornella Venica, produttrice friulana - perché il bianco è indispensabile in tavola per iniziare le prime portate, per non parlare poi dell'aperitivo». Anche qui vale la regola del buon rapporto qualità/prezzo, e non è un caso che il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene nel 2004 abbia incrementato del 30% le vendite sul mercato europeo.

«In realtà per certi bianchi l'interesse di mercati come quello tedesco, inglese e americano, non è mai venuto meno - afferma Fausto Peratoner, direttore della LaVis, una delle maggiori cantine trentine - di certo il gusto sta maturando: vengono rischiesti meno vini standardizzati a favore di vini con maggiore personalità, magari ottenuti da vitigni autoctoni». Insomma, se prima tutti chiedevano il Pinot Grigio, ora cominciano ad apprezzare anche vini aromatici, come il Mueller Thurgau.

Al di là di gusti e mode, però il grande problema resta quello del prezzo. E se Gianni Zonin invita la categoria a contenere i prezzi, Jacopo Biondi Santi ricorda che «un grande vino costa e non si può rinunciare alla qualità». Per la ristorazione, comunque, mantenere una carta dei vini ricca e importante è diventato un onere ormai troppo pesante. E se Ivano Boso dell'Enoteca Pinchiorri di Firenze, che dispone della cantina più fornita del mondo, è convinto che certe etichette non possano mancare, Gianfranco Vissani, il più famoso chef italiano, si arrende: «Credo che una carta dei vini alta come un'enciclopedia non sia più funzionale ai piatti che propongo. La carta dei vini dovrà cambiare, facendo leva soprattutto sul gusto del ristoratore, che magari privilegerà i vini del suo territorio, accanto alle immancabili etichette internazionali, italiane e non».

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