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Il Secolo Xix

Alla fiera del vino il ritorno dei passiti ... Trascurati per anni, sono i protagonisti della rassegna In vetrina per 5 giorni il top della produzione nazionale... Intensamente dolci, opulenti, con sentori di frutta secca, agrumi canditi, erbe aromatiche e fiori, al Sud e nelle isole. Dolcemente floreali e fruttati, austeri ed equilibrati, al Nord, dove qualche produttore, in Valle d’Aosta e Piemonte, comincia a cimentarsi anche con gli “icewines” o “vin de glaces”, da uve raccolte a 1000 metri d’altitudine e vendemmiate con la neve e il ghiaccio.

Nettari bianchi, come l’eroico Sciacchetrà delle Cinque Terre che i contadini liguri ottengono da uve autoctone fatte appassire per almeno tre mesi sui graticci, prima di essere pigiate; o come il prezioso Picolit dei Colli Orientali del Friuli, ottenuto da grappoli avari di acini e da un vitigno capriccioso; o ancora, come i dorati e generosi passiti siciliani, che sanno di sole, di mare e di zibibbo. Dolci rossi, come il Recioto della Valpolicella, profumatissimo e dolce antenato dell’Amarone, o come il Sagrantino di Montefalco, vino di nicchia che ha alle spalle una storia secolare.

A lungo trascurati, in qualche caso dimenticati o relegati al consumo familiare delle feste e delle ricorrenze, i vini passiti tornano alla ribalta e si collocano fra i protagonisti dell’edizione 2008 del Vinitaly, la più importante vetrina del vino italiano, in programma alla Fiera di Verona dal 3 al 7 aprile. Alla kermesse dell’enologia made in Italy quasi tutte le regioni, infatti, dedicheranno incontri e degustazioni ai loro più pregiati vini dolci, vendemmie tardive e vini passiti, con particolare attenzione agli abbinamenti con il cibo, perché quelli che un tempo erano ritenuti soltanto vini da meditazione o al massimo da dessert rivelano invece una sorprendente versatilità, che va dai formaggi (Gorgonzola o Roquefort, ma anche Pecorino e Fontina d’alpeggio) ai paté, dai crostacei alla carne. E a Verona la casa editrice Cucina&Vini presenterà la nuova guida “Passiti d’Italia”, che oltre ai vini dolci, la maggioranza, recensisce anche i passiti “secchi” (Amaroni della Valpolicella e gli Sfursat della Valtellina) e che per ogni etichetta suggerisce gli abbinamenti ideali.

I produttori, infatti, avvertono un interesse crescente per i vini dolci da parte dei consumatori. Negli ultimi anni a rompere il ghiaccio sono stati, soprattutto, i passiti siciliani, i nettari a base di zibibbo che hanno conquistato il favore del pubblico proponendosi come vini da fine pasto. Sulla scia di un ritorno del vino dolce, stanno ora riprendendo quota anche i Moscati e gli Asti, che erano stati soppiantati nel loro ruolo di vini dessert dalle bollicine “brut”, Spumanti secchi e Champagne, e che ora tornano di moda in abbinamento a torte e pasticcini.

Il momento, insomma, sembra favorevole per un rilancio in grande stile dei passiti, vini più complessi e importanti, che ogni regione italiana ha in serbo fra le sue produzioni di nicchia. In questo settore, del resto,
l’Italia vanta un primato mondiale:
degli oltre 100 vini passiti conosciuti nel mondo, oltre 40 sono prodotti nel Belpaese e per proteggere questo patrimonio di cultura enologica che racchiude autentici gioielli - si pensi al prezioso Vino Santo trentino prodotto solo da cinque-sei cantine che vinificano la Nosiola appassita nella settimana di Pasqua e prolungano l’affinamento per oltre dieci anni - è stata creata una fondazione, il Centro Nazionale dei Vini Passiti, promosso dalle Città del Vino e dal Comune di Montefalco, in collaborazione con istituzioni, università, aziende ed enoteche per promuovere la cultura dei vini passiti.

La presenza del Comune di Montefalco è legata alla storia di un vitigno e di un vino, il Sagrantino. La presenza della vite a Montefalco è documentata fin dall’antichità. Mala testimonianza storica più suggestiva è rappresentata da un affresco di Benozzo Gozzoli del 1452, conservato nella chiesa di San Francesco, in cui si vede una tavola imbandita con una bottiglia divino rosso, con tutta probabilità quel Sagrantino che era molto apprezzato dai Pontefici romani. Eppure di questo antico vino in Umbria trent’anni fa si erano quasi copletamente perdute le tracce.

E stato un imprenditore tessile del luogo, Arnaldo Caprai, insieme al figlio Marco, a recuperare gli antichi vitigni di Sagrantino e, dopo studi e sperimentazioni, a creare un vino di successo, un rosso secco, potente e longevo, che per qualche anno ha fatto quasi dimenticare la versione dolce del vitigno. Ma a Vinitaly quest’anno il Sagrantino passito sarà presentato da tutti i maggiori produttori, emblema della storia e dell’identità di un territorio.

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