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Il Secolo Xix

I ribelli del vino ... Metti una sera a cena… con due miti del vino italiano. Indipendenti, spesso controcorrente, assertori di un’etica rigorosa e di una maniacale ricerca della qualità, Josko Gravner e Gianfranco Soldera, potrebbero essere definiti, a dispetto dell’età, i vignerons terribles dell’enologia italiana. A riunirli attorno a un tavolo, martedì scorso a Genova, al ristorante Ippogrifo, dove Gravner ha portato in degustazione alcune annate dei suoi grandi bianchi, Ribolla ’98 e 2007, Breg 2001 e 2005 e Pinot Grigio 2001, è stato Orlando Grondona, imprenditore genovese, cultore dei loro vini e amico di entrambi. Un’occasione unica, per conoscere in parallelo la storia, la filosofia e i progetti di due artisti del vino, di fama mondiale.
Personalità e caratteri diversi. Caparbio e determinato, ma sempre pronto a mettersi in discussione e a riconoscere gli sbagli, Josko. Irriducibile nelle sue convinzioni, spietato nei giudizi, ma coerente nel difendere posizioni anche scomode, Gianfranco. Gravner racconta così il cammino che lo ha portato a vinificare nelle anfore interrate, dove il vino resterà sulle bucce fino al 20 marzo, vigilia dell’equinozio, per poi tornarvi, dopo la svinatura, fino a settembre, quando passerà nelle botti per un affinamento di sei anni: “Ho sperimentato in cantina tutto quello che era ultima tecnologia. Ero giovane, con tanta voglia di fare. Iniziarono i primi screzi con mio padre. Davanti a tutta questa voglia di fare lui sorrideva, sperando che prima o poi sarei tornato sui miei passi. Così fu. Cominciai piano piano a disfarmi di tutta quella tecnologia in più che avevo comprato, dalle vasche in acciaio alle barriques. Non mi sembrò più possibile che 5000 anni di storia vinicola venissero cancellati in pochi decenni. La mia cantina ormai è senza tecnologia moderna, senza effetti speciali: è uno spazio che contiene, cullate dalla mia terra, le anfore provenienti dal Caucaso”.
La novità a Oslavia, al confine con il Collio Sloveno, oggi è una Ribolla botritizzata, dolce, da uve tardive attaccate da muffa nobile, idea concepita nel 2008 con il figlio Miha, scomparso un anno dopo in un tragico incidente. Si chiama “8.9.10”, 1.200 bottiglie frutto delle migliori uve di tre vendemmie: 23 novembre 2008, 12 novembre 2009, 15 novembre 2010.
“Per anni - racconta Gravner - ho vinificato solo uve che ritenevo perfette, ma sbagliavo. Ho ripensato alle parole di mio padre: “stiamo lasciando per terra la parte migliore della vendemmia””.
Soldera, un passato di broker assicurativo a Milano, attivissimo a dispetto dei suoi 79 anni, nel 2012 ha visto cancellare quasi del tutto cinque annate del suo prezioso Brunello per il sabotaggio di un ex dipendente che nottetempo aveva aperto i rubinetti delle botti. Al danno è seguito uno scontro con il Consorzio del Brunello che si era offerto di fornirgli vino di altri produttori, da imbottigliare, ricevendone un rifiuto sdegnato: “Sarebbe stato - ribadisce Soldera - come imbrogliare i miei clienti”. Fra le polemiche il produttore è poi uscito dal Consorzio, che lo ha querelato per diffamazione perdendo però la causa.
“Bisogna guardare avanti - afferma Soldera sereno - l’ultima vendemmia è stata straordinaria e farò 15 mila bottiglie, contro le 7000 del 2014, ottenute da uve raccolte acino per acino, ma di ottima qualità. I 440 litri salvati del 2010, invece, saranno venduti all’asta per beneficenza”. D’ora in poi il suo vino non si chiamerà più Brunello di Montalcino, ma semplicemente Soldera, 100% Sangiovese. “Non verrà distribuito in Italia, ma solo sul mercato internazionale”.
Solitamente poco tenero con i colleghi (“O la qualità assoluta o niente: non c’è la via di mezzo, meglio l’acqua…”), implacabile con gli enologi (“Da me non entrano”), critico persino verso i biodinamici, che pure guardano a lui e a Gravner come a mostri sacri, Soldera rende invece omaggio all’amico: “Josko fa i migliori bianchi al mondo”. Eppure, ricorda Gravner, “quando nel ‘99 cominciai a far fermentare il Pinot Grigio sulle bucce, dissero che ero matto”. Sorride: “Vent’anni fa con Gianfranco facevamo qualche presentazione insieme. Alla fine ci chiedevamo: “quanti clienti abbiamo perduto oggi?” Solo che lui poteva permetterselo, io no”.

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