Vendemmia: + 8% il raccolto nel 2025, allarme listini negli Usa … Le imprese italiane hanno già pagato agli Stati Uniti 61 milioni con i dazi...Fino a qualche tempo fa la previsione di una vendemmia abbondante e di qualità sarebbe stata festeggiata dai viticoltori. Ma non può essere così oggi perché nonostante le stime di un raccolto ricco e con ottime prospettive qualitative prevalgono i timori per il mercato. È quanto è emerso ieri a Roma nel corso della presentazione delle stime sulla vendemmia 2025 redatte da Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini. La vendemmia 2025 dovrebbe portare in cantina 47,4 milioni di ettolitri di vino in crescita dell’8% sul 2024. Il dato produttivo torna così nella media decennale dopo due campagne di forte riduzione tra clima avverso e attacchi di fitopatie. A trainare il dato produttivo le regioni del Sud che metteranno a segno un +18,5%. Progresso più contenuto nelle regioni del Nord (+3,3%) mentre in calo sono previste le aree del Centro (-3,1%). Il Veneto si conferma prima regione produttrice (11,9 milioni di ettolitri, +2%) seguita dalla Puglia (9 milioni, +17%). Bene il Piemonte (+5%), il Trentino Alto Adige (+9%), il Friuli Venezia Giulia (+10%). In forte rimbalzo le aree del Mezzogiorno come Abruzzo (+25%,) Calabria (+15%), Campania (+13%). In calo (-15%) la Toscana. Molto positive le prospettive sul fronte qualitativo con standard medi elevati e punte di eccellenza. Ma i nodi sono sul mercato. Perché a una produzione tornata vicino ai 50 milioni di ettolitri vanno aggiunti i circa 38 milioni di ettolitri di vino in giacenza. A questa pesantezza sul fronte dell’offerta si è poi aggiunta, la minaccia dai dazi Usa a frenare la domanda. Molte le ipotesi allo studio per riportare il settore in equilibrio: si va dal taglio delle rese all’ipotesi di estirpazione delle vigne (strada seguita dalla Francia) fino alle campagne promozionali per allargare i mercati. “Sono convinto - ha aggiunto il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella - che stiamo pagando anche la forte mancanza di managerialità nelle cantine italiane. Incontro spesso aziende che si lanciano in una specifica produzione senza avere alcuna idea dello sbocco dei propri prodotti. Mentre bisognerebbe partire sempre dal mercato e dalla domanda di mercato per decidere quale vino produrre”. “Dobbiamo essere ottimisti ha esortato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida-. Ottimismo dai continui record messi a segno nelle esportazioni. Analizzeremo la realtà con attenzione e interverremo con misure efficaci. Ci sono i dazi Usa e la svalutazione del dollaro, ma al momento ancora non sono segnalati cali nelle spedizioni. In primo luogo, stiamo lavorando insieme con Francia e Spagna perché si arrivi a un’esenzione del vino dai dazi. Se necessario, ragioneremo sulla riduzione delle rese ma non sulle estirpazioni. I vigneti rappresentano un valore aggiunto per i nostri territori, ne sono leva di attrattività turistica e garantiscono presidio del territorio”. “Forse l’effetto sui dazi non è rilevato dalle statistiche sull’export ma lo è dalle imprese” ha aggiunto il presidente dell’Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi -. “Ci risulta che negli Usa siano praticati aumenti di prezzo allo scaffale anche sulle bottiglie italiane acquistate prima dell’entrata in vigore dei dazi. Sono speculazioni che certo non ci aiutano”. Secondo un’analisi dell’Osservatorio Uiv su base dogane statunitensi i dazi per l’Italia già si sono tradotti in un conto salato: da maggio a luglio sono stati incassati dall’Amministrazione Usa 61 milioni di dollari solo di imposte sul vino italiano. “Infine - ha concluso Frescobaldi - stiamo riscontrando un altro effetto dei dazi: il prezzo medio alla dogana del vino italiano (al netto del dazio) è passato da una media di 6,30 dollari al litro a 5,64 dollari. Nel tentativo di mantenere le quote di mercato le nostre imprese si stanno sotto ponendo a sacrifici importanti. Difficile essere ottimisti”.
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