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Il Sole 24 Ore / Agrisole

Sul Brunello l’incognita dei prezzi … Dall’export i primi segnali di recupero – Allo studio la modifica del disciplinare per il “Rosso”… All’esame dei produttori la necessità di un recupero delle quotazioni al di sotto della media del 15-20%... A Montalcino, in occasione della recente manifestazione “Benvenuto Brunello”, il problema è rimasto un po’ in ombra, oscurato dai giudizi sulla qualità del Brunello 2006 appena messo in commercio e dai dati sulle fascette rilasciate dal Consorzio nel 2010 (+15% secondo i calcoli aggiornati). Eppure, in una fase di mercato ancora delicata, quello dei prezzi delle bottiglie resta il vero nodo da sciogliere anche per il re dei rossi italiani, appunto il Brunello di Montalcino, che l’anno scorso ha sì aumentato i volumi venduti, ma ha visto scendere mediamente le quotazioni di un 10-20%. A conti fatti, dunque, il fatturato delle
aziende è rimasto sugli stessi livelli dell’anno precedente. “Il vero tema oggi è proprio quello dei prezzi – conferma Stefano Campatelli, direttore del Consorzio del Brunello di Montalcino –. Quest’anno per il Brunello si stanno registrando piccoli aumenti, grazie al fatto che è in commercio una grande annata come il 2006. Ma credo che il processo di riequilibrio sarà lungo, e legato essenzialmente alla diminuzione delle giacenze”. Di confortante c’è che, a differenza del passato, il processo di riduzione delle giacenze sembra innescato, anche se i margini delle aziende in molti casi continuano a mostrare segnali di sofferenza. Naturalmente tra i 250 produttori di Brunello (che coltivano in tutto 2.100 ettari) le situazioni sono molto diversificate e, a fronte di chi ha tenuto i prezzi fermi – come Giulio Salvioni, titolare di un’azienda di 4 ettari che da quattro anni vende Brunello a 44 euro a bottiglia più Iva – ci sono i grandi produttori che nel 2010 hanno applicato sconti sostanziosi arrivati fino al 20%. Ora la sfida è risalire la china, aiutati dal fatto che l’appeal del grande rosso toscano resta elevato e che la domanda proveniente da Europa e Stati Uniti appare più effervescente: il +15% dell’anno scorso, che ha portato le bottiglie vendute a 8,3 milioni, è un buon segnale. Il nodo dei prezzi e della redditività non è comunque l’unico di cui si dibatte a Montalcino. Di attualità è tornata la modifica del disciplinare, non di quello della Docg Brunello (bloccato dal voto dell’assemblea dei produttori dopo l’inchiesta giudiziaria che nel 2007 aveva scoperto l’utilizzo da parte di alcune aziende di vitigni diversi dal Sangiovese, unico ammesso), ma della Doc del fratello “minore”, il Rosso di Montalcino, anch’esso, come il Brunello, ottenuto al 100% da uve Sangiovese. La modifica del disciplinare è stata messa ai voti pochi giorni prima di “Benvenuto Brunello”, giustificata dal fatto che il programma del nuovo Cda del Consorzio, presieduto da Ezio Rivella, prevede “la riorganizzazione del Rosso di Montalcino al fine di attuare una seria politica di rilancio”. In sostanza, ci si interroga su come dare maggiore prospettiva commerciale a un vino che ha segnato il passo, distinguendolo maggiormente dal Brunello. La battaglia, ancora una volta, è tra chi propende per un gusto più internazionale, frutto dell’introduzione nel disciplinare di nuovi vitigni, e chi professa l’ancoraggio al territorio, tenendo fede al dominio del Sangiovese. Il voto non c’è stato, ma la conta finale è rimandata di tre mesi.

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