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Il Sole 24 Ore / Plus24

Carlsberg e Anheuser-Busch convincono gli analisti ... L’effetto recessione è stato ovattato, finora, per le aziende che producono birra, alcolici e bevande in generale. In Borsa, infatti, i titoli del settore contengono l’ondata di vendite che ha colpito i listini: l’indice Msci Europe Food and Beverage ha perso il 28% a un anno e da gennaio è sceso del 14%, contro, rispettivamente il -45% e il -21% dell’Msci Europe. Nel prossimo futuro, lo minacce maggiori al fatturalo arrivano dalla crisi dei Paesi dell’Est e del Nord Europa e dal deprezzamento delle loro valute. Da questa angolazione del mercato, Carlsberg risulta in primo piano. Il birrificio, salito del 14% da inizio anno sulla Piazza di Copenhagen, è esposto alla Russia e alla perdita di potere di acquisto del rublo. Gli analisti stimano l’azione ancora appetibile, anche se mettono in luce il possibile deterioramento dei risultati. Morgan Stanley la raccomanda con un rating (giudizio) overweight (peso in portafoglio superiore a quello negli indici di settore) e un target price (prezzo obiettivo a dodici mesi) di 249 corone danesi, contro le 200 attuali, ma solo agli investitori più coraggiosi, visto il possibile abbassamento degli utili. Handelsbanken mantiene il consiglio di acquisto (buy) e alza il prezzo teorico a 290 corone, perché considera la contrazione delle vendite bilanciata dal piano di taglio dei costi. Anheuser-Busch Inbev è un altro cavallo vincente del settore: da novembre, quando quotava intorno ai dieci euro, il titolo è quasi raddoppiato (ora scambia poco sotto i 19 euro). L’integrazione tra la belga Inbev e l’americana Anheuser Busch è molto piaciuta al mercato: le sinergie derivanti dalla fusione hanno spinto il corso del titolo, che però comincia a suscitare dubbi sulle ulteriori potenzialità di rialzo nel breve termine in qualche casa di investimento. Goldman Sachs ha abbassato il rating da neutrale (in linea con l’importanza negli indici) a sell (vendere); S&P Equity Research l’ha portato a neutrale dal precedente buy.

Migliorano, per contro, le aspettative per Pernod Ricard; il gruppo francese contrasta il contesto sfavorevole con il ripensamento della gamma: nei giorni scorsi ha ceduto il cognac Sells Bisquit alla sudafricana Distell per 31 milioni di euro, come previsto dal progetto di dismissioni degli asset non strategici, comunicato dopo l’acquisizione di Vin & Sprit nel 2008; ed è impegnata nel lancio di nuove bottiglie (tra cui una vodka Absolut al mango e una versione speciale del gin Beefeater) per riqualificare l’offerta di liquori soprattutto negli Stati Uniti. Goldman Sachs ha alzato il target di Pernod a 48 euro (da 36) e l’ha tolta dalla lista delle vendite in seguito all’annuncio di linee guida societarie più positive sul fronte indebitamento; e Ubs la classifica già con buy e un target di 63 euro.

Della tricolore Campari piacciono la scarsa esposizione ai mercati emergenti e il basso debito: Citigroup mantiene il giudizio buy, pur con un prezzo obiettivo abbassato a 5,90 euro (da 6,70), per via delle incertezze sui consumi e per allineare la valutazione a quella dei concorrenti; Mediobanca la promuove a outperform (performance prevista migliore di quella del mercato), perché ritiene possibili spinte da notizie di fusioni; Ubs è più cauta (neutrale con un nuovo target a 4,50 euro da 5,30), a causa delle previste minori vendite di Cinzano.

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