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Il Sole 24 Ore / Plus24

I più liquidi sono i francesi Chateau Le Pin e Romanée-Conti ... Investire in vino. Rendimenti anche superiori al 20% annuo... In Italia tra Masseto, Barolo e Sassicaia si fa largo l’Amarone... Vino francese, innanzitutto. Meglio se un Romanée-Conti della Borgogna o uno Chateau Le Pin. Per chi ha deciso di diversificare i propri investimenti in questa asset class e l’obiettivo è portare a casa profitti futuri, è fondamentale scegliere i vini giusti, di certe annate, comprarli e venderli al momento opportuno. “È fondamentale delegare a chi seleziona e acquista non per passione ma per avere ritorni sicuri - spiega Alberto Cristofori della WineTips, società milanese che opera nel settore - ed è indirizzato a certe bottiglie (le cosiddette blue chips del vino), quelle che danno guadagni molto elevati in tempi anche relativamente brevi”. Ma quanto rende investire in bottiglie d’annata? Lo Chateau Le Pin 1998, cassa da 12 bottiglie, nel 1999 valeva 800 sterline. Nel 2003 valeva 1.550 sterline (+27% annuo). La crisi si è fatta sentire anche su questo bene rifugio e i prezzi di alcuni vini ne hanno risentito. “I Bordeax in media sono scesi del 20/30%, ma non tutti - aggiunge Cristofori -. Per esempio, lo Chateau Lafite annata 2000 acquistato nel 2005 a 400 euro a bottiglia oggi si vende intorno ai mille euro. La domanda resta alta soprattutto da parte dei mercati asiatici”. Secondo l’esperto un vino sicuro è il Romanée-Conti. Questo Borgogna è in assoluto il numero uno: il più liquido, il più ricercato al mondo con un prezzo che viaggia dai 3mila ai 10mila euro a bottiglia a seconda dell’anno. Tra gli italiani il vino che registra la migliore performance è il
Masseto (tenuta Ornellaia). L’annata 2001 che nel 2005 costava 200 euro a bottiglia oggi ne vale
500. Da non trascurare anche il Sassicaia (molto bene l’anno 2006), tra i più “liquidi”, in particolare l’annata 1985 che vale circa mille euro. E poi il Solaia di Antinori (annata 1997), l’Ornellaia 1998, il Barolo Monfortino 2001, il Barolo e il Barbaresco riserva di Bruno Giacosa (2000 e 2001) e tra gli outsider si fa largo l’Amarone. A differenza dei francesi, la liquidità del vino italiano è limitata a pochissime etichette. Ma come si investe? Chi investe nel vino spesso le bottiglie non le vede neppure perché si rivolge all’intermediario specializzato che in base al capitale decide tipologia, tagli (la soglia di ingresso è di almeno 50mila euro) e soprattutto tempi di compravendita. “Il punto debole di questo mercato è la sua scarsa liquidità. Quindi, ci sono tempi tecnici da rispettare. E se
i prezzi d’asta sono spesso l’unico riferimento - condude Cristofori - in realtà vendere in asta
significa svendere e pagare la doppia commissione. Ecco perché la maggioranza degli scambi sono fatti fuori asta”.

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