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Il Sole 24 Ore / Ventiquattro

Rinascimento in Chianti ... Ha fatto l’attrice, è stata all’estero e alla fine ha realizzato il suo sogno: riportare all’antico splendore l’abbazia di famiglia, a Coltibuono. Stefano Salis ha incontrato Emanuela Stucchi Prinetti in quello che oggi è un luogo di incanto e cultura... Ci sono sguardi che anticipano destini. Questione di occhi. Dalla fotografia in bianco e nero, sbucata all’improvviso da un mucchio sparso alla rinfusa sul tavolo della biblioteca, una bambina guarda l’obiettivo. Avrà dieci anni: pantaloni corti, in una mano un fiore appena raccolto, qualche petalo già staccato, un piccolo orologio sul polso dell’altra, sorriso appena accennato. Un tralcio di vite al fianco e, alle spalle, un giardino all’italiana. Un filo di trucco, ricercata pur nella sobria mise da campagna, Emanuela Stucchi Prinetti - la bambina della foto, oggi cinquantaduenne, madre di due figli, imprenditrice e signora del Chianti - racconta il suo mondo. Un’abbazia ritagliata dai libri di favole, che qui, da Gaiole, domina l’Alto Chianti con la sua torre dai merli squadrati e gli austeri muri bianchi dell’anno Mille, pochissimo ritoccati dagli interventi successivi.
E sì che di storia, a Badia a Coltibuono, ne è passata. Da quando la costruirono i monaci vallombrosani, per meditare, pregare e lavorare, all’attuale dimensione: azienda vinicola di prima qualità, resort con poche stanze (annoverato tra i più affascinanti hotel di charme del mondo), ristorante titolato. Nel 1846, dopo le glorie dell’epoca medicea e le traversie sotto Napoleone, fu acquistata da Michele Giuntini, banchiere fiorentino e antenato di Emanuela. «Ma è sotto la guida di mio padre, Piero Stucchi Prinetti, che la fattoria fu trasformata in azienda con le qualità per affermarsi in Italia e all’estero». Capacità imprenditoriali (era figlio di un industriale che produceva biciclette col marchio Stucchi: le usò anche Girardengo), pragmatismo lombardo e apertura internazionale, Piero, personalità forte, conduce l’azienda a una serie di primati. Con il padre, si intuisce, Emanuela ha avuto un rapporto intenso. «È morto nel 2002. Anni di furiose litigate, ho sofferto. Ma, col tempo, si capiscono meglio tante cose». Lei, del resto, non è un carattere facile: espansiva e comunicativa mantiene un sano senso della distanza e sa di avere il coraggio delle decisioni impopolari e, a volte, brusche. Istinto e determinazione le sue qualità vincenti. Così è arrivata a essere la prima donna presidente del Marchio storico del Chianti classico; così, senza nulla concedere, combatte oggi contro i cacciatori che entrano nelle sue tenute (quasi 800 ettari di bosco intatto) per le battute al cinghiale; così è arrivata a dirigere Coltibuono.
«Ero considerata l’artista di famiglia - ricorda -. Mi piaceva il teatro e, per un pò, l’ho fatto. Ho avuto la soddisfazione di recitare con Ronconi. Poi il lavoro: qualche anno in un’agenzia di pubbliche relazioni. Milano, i viaggi all’estero, tante esperienze importanti, ma, in fondo, sapevo di voler vivere qui». La stessa scelta che hanno fatto i tre fratelli con i quali divide la proprietà dell’azienda: Roberto segue il mercato statunitense, Paolo gestisce il ristorante (piatti tipici locali con qualche variante: alto livello), Guido si occupa dell’ospitalità, del wine resort e dei corsi di degustazione. Ma le decisioni strategiche le prende lei. Senza quasi accorgersene, rivela: «Era una cosa che avevo sempre desiderato, ma non mi concedevo il lusso di aspettarmi che questo sogno si potesse avverare». Invece è accaduto. «A darmi un incoraggiamento decisivo fu il nostro enologo. È a Coltibuono da prima di me, conosce ogni palmo delle nostre vigne: è di quelli che tirano fuori l’anima dal vino e non mettono la loro». La villa è una gioia per i sensi. Nel cortile scodinzolano felici i cani bianchi; le stanze degli ospiti sono nella parte alta della badia: eleganza non esibita, nessun oggetto hi-tech, ma uno scaffalino di libri. La sala riunioni (con un angolo per le prime colazioni) è stata ricavata nell’antico refettorio dei frati: dominano gli affreschi con gli abati e i santi benedettini; un grande camino troneggia nel ritrovo per la conversazione, il curatissimo giardino all’italiana si gode il tepore dell’ultimo caldo d’autunno, la sala da pranzo, perfettamente attrezzata, come le cucine, è la felicità dei partecipanti ai corsi di cucina. Preparano un menù completo, dall’antipasto al dolce, e al termine della giornata gustano i loro “prodotti”. Nel chiostro, ristrutturato dal grande architetto Franco Albini negli anni Settanta, il pozzo centrale osserva placido la vita intorno. Albini ha disegnato anche la biblioteca. Sugli scaffali in legno caldo annate intere delle migliori riviste italiane (ma c’è anche il «National Geographic»), monografie d’arte («Mia nonna era appassionata e frequentava Bernard Berenson»), di cucina (la madre di Emanuela, Lorenza de’ Medici, ha venduto quasi un milione di copie negli Stati Uniti con le sue ricette), sui tavoli un libro scritto dal bisnonno Giuntini (Vita intima a Coltibuono: «Non fatela conoscere - raccomandava ai posteri - altrimenti verranno anche qui i turisti con tanto di alpenstock…») e le fotografie della bella vita dei genitori di Emanuela.
«Io la chiamo la “Biblioteca delle passioni” - spiega orgogliosa -. Vorrei inaugurare una serie di incontri dove leggiamo, mettiamo in scena i testi, stiamo insieme agli ospiti. Adesso organizziamo ogni anno concerti a Ferragosto e Natale con membri dei Berliner. Insomma con i corsi di cucina e degustazione, la lettura non starebbe male. Il vino è legato a un momento conviviale, deve essere piacere del vissuto». Il vero caveau (oltre alla cantina con le botti in legno e tutte le annate dei vini) è nella stanza dove dormivano i nonni, ora attrezzata con un biliardo. Le vetrine custodiscono messali e regesti del Duecento, sfuggiti alle requisizioni e alle ingiustizie del tempo, volumi di pregio della biblioteca storica (apriamo a caso: ecco un’edizione secentesca di Pietro Della Valle, tra i primi viaggiatori italiani a Istanbul), titoli novecenteschi, parecchie serie complete di classici. Memoria del luogo, senso di appartenenza, voglia di trasmettere valori ed esperienze: non a caso Cultus boni (“buona cultura e buona coltura”) è anche il nome dell’ultimo vino creato e fortemente voluto da Emanuela. «Mi sono iscritta all’università, discipline demo-antropologiche. Sono stata una buona mamma per Emanuele e Leonardo. Ora crescono, sono liceali, tra poco avranno bisogno dei loro spazi e io avrò più tempo per me». Ha un’idea: impegnarsi per la crescita delle donne nel mondo imprenditoriale. «Chissà, penso anche a un impegno in politica, ma a livello internazionale». Ha familiarità estrema con il mondo. Stati Uniti, Germania, Giappone, Francia: un continuo pellegrinaggio in nome del vino e della sua azienda. Ma anche qualcosa di più: la testimonianza di una donna che ce l’ha fatta e può essere di stimolo a tante altre. Arriviamo a una delle vigne. Campagna pettinata, i pali di castagno ricavati dai boschi di proprietà a sorreggere le viti, lungo i filari l’erba che la coltivazione biologica prevede per migliorare la qualità della resa dei grappoli. Sono convinta che il biologico avrà un grande futuro: le persone, spesso, sono più avanti del mercato». L’ultima vendemmia, tardiva, è stata eccellente, dice: assaggia i mosti in fermentazione, si muove sicura tra gli operai, le botti, i grappoli per il Vin santo appesi al buio a essiccare. «Potremmo fare delle bottiglie più facili per il gusto del pubblico. Ma dobbiamo rispettare il territorio, la nostra gente, il nostro vino, il nostro stile, la nostra identità». Le crete senesi si vedono in lontananza. «È proprio bello, qui, eh?», non si trattiene la signora del Chianti e sorride. E mentre il sole sulle colline promette già il tramonto, le viti obbediscono docili al refolo che le accarezza e un falchetto piana nell’aria limpida, Emanuela ha gli stessi occhi di una bambina che, da una fotografia di tanti anni fa, sta guardando dritto nei suoi sogni.
(arretrato di Ventiaquatto - Il Sole 24 Ore dicembre 2006)

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