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Il Sole 24 Ore / Ventiquattro

A suon di Cannonau ... Cantine. Territori del gusto... Alessandro Dettori voleva fare il cantante heavy metal. Si è ritrovato a curare i vitigni di famiglia sulle colline galluresi e a ricevere, neppure trentenne, l’elogio del principe degli enocritici italiani, Luigi Veronelli. Ora il suo vino biologico è stato consacrato da Robert Parker come una delle cinquanta migliori etichette italiane... Il Super Cannonau come il Super Tuscan? Merito di Alessandro Dettori. Dobbiamo a questo baldo e sfrontato trentacinquenne se un vino sardo è riuscito a entrare da un giorno all’altro fra le 50 migliori etichette made in Italy, appena sotto mostri sacri tipo Sassicaia, Ornellaia o certi notissimi Baroli. A decantarlo è stato Robert Parker, il più noto, amato e temuto enocritico internazionale, che ha premiato il Cannonau di Dettori con votazioni (94-95/100) decisamente insolite per un vitigno tricolore non toscano, né piemontese. Apprezzamenti, a dir la verità, preceduti dalle valutazioni di Luigi Veronelli (“Mi inchino davanti a questo Cannonau”) nel 2002, al debutto delle bottiglie seguite personalmente da Alessandro, all’epoca neppure trentenne. A questi inattesi riconoscimenti sono subito seguite richieste a valanga da parte di importanti compratori e grandi intenditori in Giappone, Stati Uniti, Germania e Inghilterra, costretti a contendersi con ogni mezzo le poche (40mila) bottiglie che escono dalle cantine di Badde Nigolosu, a una manciata di chilometri da Sassari. “Mi spiace non poter accontentare tutti - spiega serafico Dettori - ma non possiamo e non vogliamo crescere più di così: aumentare la quantità di bottiglie significherebbe inevitabilmente abbassare la qualità dei miei vini, ed è l’ultima cosa che vorrei”. Come avrà fatto un giovanotto semisconosciuto di neppure quarant’anni a ottenere questo successo, senza l’ausilio di un enologo e con un vino regolarmente snobbato da critica e pubblico come lo scorbutico Cannonau? Per di più con un prodotto a tutti gli effetti biologico, anche se non ancora certificato? “Semplice - risponde lui -: con l’attaccamento al territorio, alle tradizioni contadine. E grazie a un marketing che non corre dietro le mode”. Le vigne, distese sulle colline galluresi, poco distanti dal mare, si trovano in posizione privilegiata, con un microcima ideale. Abbracciare la strada della produzione biodinamica è stato quasi naturale. “Di fatto lo siamo stati da sempre: il nonno non ha mai usato pesticidi, anche perché costavano, io ho voluto proseguire lungo la sua strada, questa volta per scelta”. Senza però il bisogno di sbandierarlo ai quattro venti. “Sulle etichette dei nostri vini viene già scritto a chiare lettere che in vigna e in cantina non usiamo alcun prodotto di chimica di sintesi oltre allo zolfo, e che non abbiamo aggiunto lieviti, enzimi o coadiuvanti della vinificazione e maturazione. Quanti altri lo applicano e lo dichiarano così apertamente?”. Alessandro Dettori, sposato con due figli, è sardo fino al midollo: fiero delle sue origini e soddisfatto di aver costruito la propria strada da solo. “Quando ho incominciato a dare una mano nell’azienda del nonno, che produceva solo vino sfuso, ero molto giovane”. Giovane e intraprendente. Ottenuta la partita Iva a 18 anni appena compiuti, apre e gestisce da solo una rivendita dei vini di famiglia a Palau e con i primi guadagni si compra una batteria per suonare in un gruppo heavy metal. “Andavo pazzo per gli Iron Maiden, sognavo di sfondare in Inghilterra: avevamo un gruppo in gamba, i miei compagni però non se la sentivano di espatriare...”. Svaniti i sogni di gloria rock, il giovane Alessandro (nel frattempo laureato in economia a Sassari) affianca il padre nell’azienda di famiglia. Prima decisione, sostituire le damigiane con le bottiglie, “nel nome della qualità senza compromessi, puntando tutto sulla purezza dei vitigni e sui cru: da ogni vigna, nasce il suo vino”. No quindi ai vini tagliati e troppo ruffiani, no agli aggiustamenti in cantina, no agli affinamenti in barrique. E no anche ai soliti enologi di fama, garanzia di guadagni facili. “Non ho mai voluto seguire il mercato: produco vini che piacciono a me, vini del mio territorio. A dispetto di tutti quelli che mi hanno sempre detto: fai vini troppo vecchi, troppo alcolici...”. Il ragazzo insomma, tira dritto per la propria strada: rigorosa e orgogliosa. Segue le vigne, le cantine e il lavoro nei campi, tiene l’amministrazione, imposta e cura il sito web, fa il direttore commerciale e insieme il direttore marketing tempestando di telefonate i distributori, mette in piedi serate di degustazione, invita i critici enogastronomici in azienda, organizza le prime sortite a fiere importanti come il Vinitaly. Dopo il riconoscimento di Veronelli la strada è in discesa, il mercato darà sempre più ragione ad Alessandro, a testimonianza che anche in Sardegna è possibile fare grandi vini. E venderli al prezzo giusto (che vuol dire anche 50 euro in enoteca), cosa che attirerà non poche critiche, soprattutto isolane. Ma il produttore di Sennori non fa un passo indietro. “Il mio unico marketing è il prodotto: se un vino è fatto bene, alla lunga paga da solo”. E infatti i vini Dettori, come ha detto qualcuno “perfettamente imperfetti”, restano best seller: i tre poderosi eppure armoniosi Cannonau (Tuderi, Tenores e Dettori rosso), il soave vermentino e un moscato semidolce. Oggi le Tenute Dettori vendono metà della produzione all’estero, con un fatturato di 700mila euro. Recentemente la vecchia cantina è stata trasformata in agriturismo, con un ristorante bio che utilizza i prodotti stagionali dell’orto di famiglia, acquistabili anche nel punto vendita a fianco. Sono le ultime idee di Alessandro, giusto per chiudere il cerchio. O chissà, forse per aprirne un altro.

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