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Il Sole 24 Ore

Battaglia Ue sui nomi dei vini: Bruxelles vuole sforbiciare le liste delle «menzioni» tradizionali che proteggono dalle imitazioni. Rivella (Uiv): scampato pericolo per il Brunello ma Vin Santo e Marsala sono ad alto rischio ... Bruxelles innesca un'altra mina sulla strada della riforma del settore del vino. E ancora una volta a rischiare sono i prodotti made in Italy. Dopo l'ipotesi di una tassa, ora sotto i riflettori ci sono le regole sull'etichettatura. La normativa sulla presentazione e designazione dei "prodotti vinosi", che regolerà le menzioni aggiuntive da inserire in etichetta, dovrebbe vedere la luce la prossima settimana dopo mesi di trattative infuocate. In questo "passaggio" la Commissione Ue ha proposto di istituire due liste di menzioni da utilizzare, alle quali verrà garantita una protezione negli accordi internazionali. Ma cosa s'intende per menzione? Il riferimento è a tutti quei nomi aggiuntivi come «novello», «riserva» ma anche «passito» che, pur non essendo compresi nella denominazione d'origine (già tutelata a livello Ue) tuttavia sono tradizionalmente utilizzati e concorrono a caratterizzare un prodotto, fino a diventarne parte integrante. Le menzioni quindi vanno tenute distinte dalle denominazioni d'origine: a esempio la denominazione completa «Brunello di Montalcino» è stata finora protetta in quanto Doc di Montalcino, ma non per la menzione «Brunello» che, non godendo di alcuna protezione, rischiava di essere utilizzata anche da produttori di altri Paesi, come sottolinea Enzo Rivella, presidente dell'Unione Italiana Vini (Uiv). «Per questo motivo - spiegano in Federvini - fin dall'inizio avevamo proposto di risolvere la questione modificando in senso estensivo i disciplinari delle Doc. Ma si è preferito percorrere un'altra strada». Le liste europee avranno due diversi gradi di protezione: una fascia «A», più ampia ma meno protetta; la «B» più ristretta e "blindata". Nel primo elenco rientrano i termini che non hanno una precisa connotazione geografica e che risultato trasversali, utilizzabili per prodotti diversi e anche in più Paesi. In questa categoria, l'Italia ha chiesto di inserire termini quali «novello», «riserva», «passito» o «stravecchio». Ma anche quelli utilizzati da più Paesi nelle aree di frontiera e bilingue come il francese «Chateaux» (utilizzato anche in Valle d'Aosta). Per la lista «A» i Paesi Ue hanno proposto circa 200 menzioni, di cui 70 italiane. Più ristretta la cerchia della lista «B». Ne entreranno a far parte circa 50 menzioni di cui 17 dell'Italia, 3 della Germania, 6 della Spagna, 4 della Francia, 3 del Portogallo, 2 della Grecia. La caratteristica di questi termini è che hanno una connotazione geografica precisa. L'Italia ha messo in campo nomi molto importanti, tra i quali figurano Amarone, Cannellino, Brunello, Fiano, Morellino, Recioto, Torcolato; ma anche «Est est est» (di Montefiascone, nel Viterbese), «Cacc' e mitte» (di Lucera, in provincia di Foggia), «Sciacchetrà» (delle Cinque Terre, Liguria). La Francia dal canto suo ha proposto oltre a «Vin jaune», la menzione «Clairette» (utilizzata nell'area di Bordeaux) e poi «Passè-tout-grains» (Borgogna). Questi gli schieramenti in campo tra le due superpotenze vinicole. Ma la trattativa è ancora in corso e i punti d'attrito non mancano. Al di là delle menzioni «Ruby» e «Vintage» attribuite in maniera esclusiva al Portogallo (con un danno per il Marsala italiano), tra i prodotti italiani a rischiare di più c'è il «Vin Santo», di cui rivendica l'esclusiva la Grecia come vino liquoroso. Intanto a Bruxelles i tempi sono stretti. Anche perché, se non si dovesse trovare un accordo nel Comitato di gestione di martedì prossimo, l'intera questione passerà all'esame del Consiglio dei ministri Ue nel più ampio contesto normativo sull'etichettatura degli alimenti. E il vino, battistrada dei marchi a denominazione di origine, perderebbe un pezzo della sua storica specificità. «Ci chiediamo - dice Davide Gaeta, dell'Unione italiana vini - perché debba essere la Commissione Ue a stabilire chi deve essere protetto e chi no». Sulla stessa lunghezza d'onda anche Confagricoltura e Cia, che tuttavia sottolineano come la trattativa abbia comunque fatto passi avanti rispetto all'ipotesi iniziale. Intanto, il ministro delle Politiche agricole, Giovanni Alemanno, assicura: «È nostra intenzione mantenere per il settore il suo sistema specifico di denominazione, diverso da quello degli altri prodotti».

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