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Il Sole 24 Ore

I produttori: ora il mercato è diventato selettivo ... “Le aziende vinicole che fatto qualità e applicano un metro quadrato nella formulazione del prezzo non rischiano l’emarginazione: il consumatore ha sempre premiato il prodotto di pregio. Che sui mercati esteri è un imprerativo che non può essere eluso: o si va a vendere qualcosa di valido e competitivo, oppure è meglio starsene a casa”.
Massimo Bernetti, presidente della Umani Ronchi di Osimo (Ancona) e consigliere di Federvini non ha dubbi. A chi gli chiede cosa pensa dell’attuale situazione di mercato, con alcuni prodotti di qualità che tirano come non mai e molti altri che stentano, l’inventore del Pèlago (il vino rosso del Conero che continua a fare man bassa di prestigiosi riconoscimenti in Italia e all’estero) la risposta non ha bisogno di meditarla a lungo. “Quando ho cominciato a interessarmi al vino – dice Bernetti – sul mercato c’era molto prodotto sfuso, i consumi interni erano elevati e l’80% della produzione mondiale era concentrata nei paesi europei. Oggi accade che la domanda è la metà di allorea e sui mercati esteri ci sono nuovi competitor che fanno seriamente, con prodotti che si collocano a un livello qualitativo davvero alto. Ne consegue che fare vini dozzinali non è più permesso: bisogna farli buoni e cercare di essere competitivi nei prezzi”. Sfida che alla Umani Ronchi (180 ettari di vigneti concentrati nelle Marche, 4 milioni di bottiglie, 12 milioni di euro di fatturato di cui l’80% realizzato all’export) hanno ritenuto opportuno portarla avanti – lo sottolinea il figlio Michele Bernetti – prima di tutto riconvertendo i vigneti e riducendo le rese: questo ha permesso la riqualificazione del vecchio Verdicchio e il lancio di nuovi vini più orientati al gusto dei giovani consumatori. L’altro intervenuto è stato il rinnovo delle strutture e delle tecnologie di cantina che, unitamente alla riorganizzazione del lavoro, ha reso efficiente tutto il processo produttivo e facilitato il successo sui mercati.
Processo che nel caso delle Tenute di Ambrogio e Giovanni Folonari si è materializzato attraverso un diverso sistema di impresa. Vale a dire mettendo insieme un grappolo di singole aziende-marchi allocate in aree produttive differenti ma tutte di gran pregio: Chianti classico, Nobile di Montepulciano, Maremma, Bolgheri, fino ala Collio friulano. “Tante realtà agricole – dice Ambrogio Folonari – ognuna con una propria identità ma inserite in un unico progetto di cui la qualità è il fattore predominante”. Il progetto delle Tenute (ha sede a Firenze) è recente e nasce dopo l’uscita di Ambrogio Folonari dalla Ruffino (rimasta all’altro ramo della famiglia), ma è bastato poco per fare emergere l’immagine della nuova azienda. “E la regione - spiegano i Folonari - sta nel valore intrinseco della produzione che non può né deve concedere nulla all’improvvisazione”. Oltre 250 ettari, 1,8 milioni di bottiglie prodotte con un fatturato di 13 milioni di euro, le Tenute Folonari di recente si sono arricchite di una nuova proprietà. La Fuga, situata sulla collina più preziosa d’Italia: Montalcino. Che per un’azienda vinicola toscana che produce qualità costituisce un po’ un biglietto da visita che non deve mancare nel portafoglio.

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