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Il Sole 24 Ore

Alla vendemmia un taglio del 10%: per la raccolta 2002 si prevede una flessione a 45 milioni di ettolitri, la produzione più basa degli ultimi 45 anni ... Più che la grandine poté l'umidità e la siccità. La prima, si sa, dove cade lascia il segno, però colpisce zone circoscritte; le altre, l'umidità e la siccità, invece generalizzano il male. E sono queste le manifestazioni meteo che tengono sulle spine i vignaioli di tutta Italia, dal Collio friulano alle colline di Jesi, dalla valle d'Itria in Puglia, alla valle di Contessa Entellina, dove ieri si è ripetuta la tradizionale vendemmia notturna nell'azienda di Donnafugata. Insomma, fosse solo per la grandine, la prossima vendemmia made in Italy non avrebbe da lamentare tagli pesanti; invece da quello che si sente in giro c'è il sospetto che la produzione 2002 non sarà inferiore del 3%, come ha fatto sapere il ministero delle Politiche agricole, o del 3,5%, come suggeriva ieri la Coldiretti. No, volendo rischiare si potrebbe pensare a una flessione più vicina al 10% che, tradotto, significa più o meno 45 milioni di ettolitri di vino. Se così fosse dovremmo andare indietro di 45 anni per trovare una produzione più bassa: 42,8 milioni del 1957. «Ma non è il caso di allarmarsi, l'Italia non rischia di restare a secco. Vorrà dire che faremo ricorso alle scorte, che mi risulta sono anche abbondanti», fa sapere il presidente della cantina Crifo di Ruvo di Puglia, Biagio Stragapede. Le ultime stime parlano di un record di 36,5 milioni di ettolitri. «Il problema che si pone oggi non è fare previsioni - osserva il presidente delle cantine sociali italiane, Luigi Pasetto - quanto dare una dimensione ai danni causati sia da grandine e nubifragi di questi giorni, colpendo duramente zone come quelle del Bardolino, della Valpolicella, del Verdicchio, del Monferrato, sia dagli attacchi di peronospera e dalla cattiva legagione che ha interessato diverse aree del Paese. E poi non dimentichiamo che la vendemmia è lontana e con questo tempo il rischio del marciume è in agguato». Un rischio che i produttori di Amarone temono allo spasimo. «Per fare l'Amarone - spiega Sandro Boscaini della Masi - è necessario disporre di uve sane e assolutamente prive di umidità: una volta raccolte vanno messe su graticci in ambienti ventilati naturalmente prima di essere vinificate a febbraio. Se questa situazione meteorologica non migliora, temo che di Amarone quest'anno se ne farà poco. E non sarà all'altezza degli anni passati». Dalla Valpolicella al Garda il quadro non cambia. Mattia Vezzola, direttore delle cantine Bellavista e contitolare di un'azienda viticola a Moniga, racconta che mentre in Franciacorta la situazione è sotto controllo, «nella zona del Garda classico ci sono aziende che hanno perso tutto, e dunque tanto vale rimboccarsi le maniche e pensare a curare le piante per la prossima stagione». Gianluca Bisol di Valdobbiadene sta invece pensando a quello che farà nei prossimi giorni, quando comincerà a vendemmiare le uve di Pinot per lo spumante Talento classico, mentre per il Prosecco bisogna aspettare un mese abbondante. Con le stime che parlano di un calo del 5%. Indicazioni di danni più consistenti arrivano dal modenese, dalle Marche e dall'Abruzzo. Nella terra del Lambrusco, secondo quanto riporta Claudio Cavicchioli di Modena, i danni maggiori si sono avuti ai vigneti del Sorbara (-10%), che non hanno legato bene, mentre altrove la situazione è in linea con gli anni passati. Anche in Abruzzo, fa sapere Giuseppe De Sanctis delle cantine Farnese di Ortona, «prevediamo tagli del 10%, compresa l'uva eliminata con il diradamento, che ormai sempre più viticoltori hanno deciso di accettare di fare». Perdite più consistenti si avranno nell'area del Verdicchio di Jesi. Massimo Bernetti dell'Umani Ronchi osserva che «il maltempo ha avuto effetti devastanti ai vigneti di Cupramontana, Maiolati e Rasora, con stime di riduzione generalizzata del 15%». Tagli tra il 5 e il 10% sono attesi anche in Friuli-Venezia Giulia, che comunque fino a ora e con i dovuti scongiuri di grossi problemi non ne ha avuto. «Certo - dice Manlio Collavini di Corno di Rosazzo - con questo tempo non bisogna abbassare la guardia e sorvegliare continuamente sui pericoli di botrite che possono verificarsi». «Per quanto ci riguarda - gli fa eco Livio Pighin di Udine - abbiamo preferito la vendemmia verde rinunciando a un buon 15% proprio per favorire un migliore stato vegetativo dei grappoli. E avere maggiore qualità». Stato qualitativo delle uve che per l'astigiano Massimiliano Diotto dell'Agricola Malgrà «non è minimamente in discussione, solo che stiamo tutti i giorni con il naso all'insù». E se a Nord temono l'umidità, Lucio Tasca d'Almerita (Regaleali) ha potuto superare il male opposto, la siccità, «che in Sicilia è la peggiore che si sia mai avuto negli ultimi 50 anni», intervenendo con l'irrigazione di soccorso. «Con il risultato che per ora le uve, per quanto inferiori come peso, sembrano sane e assai convincenti». Come convincente è la situazione viticola nelle terre pugliesi intorno a Castel del Monte, dove il vignaiolo Onofrio Spagnoletti Zeuli pensa a una grande annata per rossi, bianchi e rosati Doc.

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