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Il Sole 24 Ore

Cina, Italian food a caccia di clienti: sono 120 le aziende al Wine Italy di Shanghai ... Tre date per segnare una grande svolta: nel 2004 a Shanghai si correrà il primo Gran Premio di Formula 1 della storia cinese; nel 2008 Pechino ospiterà i Giochi olimpici e con molta probabilità nel 2010, sempre Shanghai, ospiterà l'esposizione universale. Tre date che rendono l'idea di come la Cina, dopo anche gli importanti segnali di apertura del Congresso del Partito comunista dei giorni scorsi, intende proporsi all'Occidente. È su questa "seconda rivoluzione" che l'Italia intende incrementare le relazioni commerciali sfruttando anche un momento particolarmente favorevole per l'"Italian life style". Ed è su questi presupposti che nei giorni scorsi si è aperta a Shanghai la quinta edizione del China wine Italy. L'esposizione di vini italiani, organizzata da VeronaFiere con la collaborazione dell'Ice di Pechino e Shanghai e delle autorità locali, quest'anno ha visto la partecipazione diretta di 80 aziende, che salgono a 120 con le rappresentanze collettive delle Regioni Piemonte, Veneto, Campania e Marche, dell'Enoteca italiana di Siena e del Consorzio per l'export Cibus Piemonte. Numerosi i nomi di pregio del panorama vinicolo e alimentare: dalla Bistefani alla Saclà; da Zonin agli spumanti Valdo di Casa Bolla; da Giacomo Bologna alla Cantina Travaglini; dal Consorzio del Brachetto d'Acqui a quello dell'Asti spumante. «Quello cinese - dice Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi - più che un mercato da conquistare è ora un mercato da costruire. In Cina è ancora molto scarsa la conoscenza del vino d'uva nonostante esistano già alcuni importanti produttori locali. Inoltre manca ancora una precisa legislazione di settore e il vino, per questo, può essere realizzato con procedure per noi del tutto anomale». «L'obiettivo della nostra iniziativa - aggiunge Camillo Cametti, commissario di VeronaFiere - è proprio quello di contribuire alla conoscenza del vino in un mercato dalle grandi potenzialità, dove l'Italia ha buone opportunità di crescita». Attualmente in Cina il 91% del vino viene importato sfuso: questo sia per attenuare i costi gravati ancora dai dazi elevati, ma in calo progressivo, sia per favorire l'uso di etichette personalizzate. Nel 2001 l'import è stato di 292mila ettolitri pari a 24 milioni di dollari. Il primo Paese fornitore è il Cile che con una fortissima accelerazione ha raggiunto una quota di mercato pari al 34% in quantità e al 26% in valore. L'Italia si colloca al terzo posto a ridosso della Francia, con una quota del 15,3% in quantità e del 14,2% in valore. In numeri assoluti, però, i dati restano marginali rispetto alle potenzialità. Diverso l'approccio al mercato impostato dai singoli partecipanti al China wine Italy. Se la maggioranza ha scelto la strada del contatto diretto con importatori locali, hotel e ristoranti di prestigio, alcuni hanno invece giocato la carta dell'ufficio di rappresentanza permanente, come il Consorzio del Brachetto d'Acqui, o dell'apertura di un vero e proprio centro di fornitura, come nel caso del Consorzio Cibus Piemonte, per poter dare al mercato locale un flusso continuo di prodotti agroalimentari made in Italy. E sull'agroalimentare si potrebbe giocare la prossima edizione della manifestazione. «Per il 2003 - spiega Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere - vogliamo allargare il raggio d'azione. Quindi non solo vino, ma l'intero sistema Italia agroalimentare. Per questo abbiamo già avuto un primo incontro con gli enti fieristici di Parma e Rimini affinché ognuno, con le proprie specificità, possa contribuire alla realizzazione della prossima manifestazione».

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