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Il Sole 24 Ore

Alla fusion non basta il vino. Certi grandi chef accompagnano i loro piatti addirittura con il caffè ... Dura o dura minga? È proprio il caso di introdurre così una querelle che sta prendendo forma ogni giorno di più. Quale? Il cibo, ovverosia i piatti, le ricette sono prerogativa di matrimonio con il solo vino, oppure ci sono anche altri accoppiamenti felici? Non mi riferisco allo sposalizio con l'acqua, una "provocazione" (ma in realtà non lo è, considerata la reazione favorevole di incredibilmente tanti lettori al l'articoloin proposito)di Gualtiero Marchesi per assaporare e capire almegliole sfumaturedi alcune pietanze, ma a numerosi altri liquidi che vengono proposti ormai nelle tavole di tutto il mondo: tè, tisane, sake, infusi di varia umanità e provenienza. Questi accostamenti non sono riscontrabili solo in Australia o in Giappone, in Tailandia piuttosto che negli Stati Uniti, ma anche in Italia e nel resto dell'Europa, da sempre legati indissolubilmente al vino, in special modo da quei giovani chef che si rifanno alla cucina fusion. Che sia il sintomo della globalizzazione, intesa come scambio di materie prime tra mercati, un tempo troppo distanti, o sia il riflesso della velocità dell'informazione e del l'intensitàdel viaggiare oppure ancora la necessità, davvero nuova, di legare i piatti fusione di profumi e di sapori inediti. Il gioco nuovo delle temperature (freddo/caldo) presenti nello stesso piatto, l'accoppiamento di materie prime, mai avvenuto in passato, di continenti diversi porta inevitabilmente alla ricerca di nuove armonie. Che siano più facili tè, tisane e infusi da combinare al nuovo che avanza, rispetto ai vini globali? Può sembrare contraddittoria la difficoltà di combinare vini di gusto internazionale con i piatti fusion, ma pare essere proprio così: altrimenti che necessità ci sarebbe di ricorrere ad altro che non sia vino? Ebbene il diverso non è solo il sake, che rispecchia però la tradizione della cucina giapponese di accostarlo ai piatti di quel Paese, ma sempre più trova spazio nelle tavole d'Europa con proposte locali. E a dir il vero, il fenomeno del quale stiamo delineando i contorni, trova corrispondenza nel Paese del Sol Levante, dove non solo il consumo di vino a tavola è cresciuto in modo rilevante, ma soprattutto aumenta la produzione vinicola made in Japan. Insomma stiamo assistendo a un vero e proprio melting pot gastronomico, un crogiuolo di culture che si intrecciano. E allora eccoti il sakè con il caviale: una proposta sostenuta dal vate fusion, Tetsuya Wakuda, chef giapponese australiano di Sidney, il quale allo stesso tempo ci suggerisce gamberoni al tè con un vino riesling. Le sorprese non finiscono mai. Chi l'avrebbe mai detto che anche il caffè sarebbe entrato in scena? Vada per essere combinato in cucina, così come il cacao, dove anzi i risultati sono spesso intriganti e riusciti; va bene anche servire un eccellente mojito (rivisto e corretto) con buoni effetti, come propone Davide Scabin (del Combal.0 del castello di Rivoli), ma provate a immaginare il vostro energetico nero del mattino servito con primi piatti, carni e pesci. Una boutade? No, assolutamente. Ecco di seguito i matrimoni proposti da un ricettario di cucina appena edito in Francia: terrina di agrumi alle prugne con caffè Kenya AA; rombo agli agrumi e aceto balsamico com Moka Sidamo d'Etiopia; maccheroni su fonduta di pomodoro con Zmbabwe' Farfell, quaglie ai fichi e uvetta con Papouasie Sigri; rotolini di anguilla con Yauco Selecto; purea di tartufi con coulis di tartufi con Makassar Indonesia; vellutata di capesante con Guatemala Antigua; crema schiacciata alla liquirizia con Colombia Cauca, sauté d'agnello al curry con Hawai Kona Lei; ravioli di granchio su vellutata di crostacei con Grande riserve. Insomma il caffè come il vino: cru, riserve, provenienze diverse per un menu. Che sia la volta buona per cominciare a bere dei buoni caffè anche nei bar e nei ristoranti d'Italia? Sine qua non. (arretrato de "Il Sole 24 Ore" del 2 febbraio 2003)

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