02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Sole 24 Ore

Otto cloni per rinnovare il Chianti di Ricasoli ... Tra i filari del Chianti classico, nella terra di mezzo tra Firenze Sud e Siena Nord, è cominciato il futuro della viticoltura toscana. Un futuro che va ben oltre l'abusata e comunque precisa definizione di "nuovo rinascimento enologico", che le è stata cucita addosso una decina d'anni fa, ma che non rischia di cadere nel tranello di un "nuovo barocco vinicolo", perché la caratteristica dei nuovi prodotti non potrà che essere quella che il consumatore globalizzato ormai chiede senza tentennamenti: vini di qualità ottenuti da processi vegetativi assolutamente naturali. Questo i vignaioli dei colli toscani, e non solo più loro, lo sanno molto bene. Per questo ancora una volta - dopo la grande riconversione viticola degli anni Sessanta che fissò le basi per la rinascita del territorio e della coltura chiantigiana -, hanno voluto giocare d'anticipo la carta della ricerca biologica per arrivare ad avere otto nuovi cloni (viti di una stessa varietà modificatisi per processo naturale) - su 240 tra rossi e bianchi analizzati dai ricercatori - in grado di dare prodotti di migliore qualità garantita. E ora anche certificata, e tutto a base di uva rossa. Otto cloni (sette di Sangiovese e un Colorino) destinati ad attirare l'attenzione degli osservatori e che permetteranno ai vignaioli senesi e fiorentini di riconvertire buona parte dei 7mila ettari di vigna prossimi al punto critico e, nel contempo, di collocare definitivamente tra i cimeli della storia enologica l'editto di Bettino Ricasoli, che nel 1834 inventò la "ricetta" del buon governo del Chianti, ottenuto dalla mescolanza di due rossi (Sangiovese e Cannaiolo) e due bianchi (Trebbiano e Malvasia). Di queste nuove "basi", che certo avranno un peso importante nella formulazione del nuovo Chianti classico, se ne saprà di più nei prossimi giorni, quando da tutto il mondo arriveranno osservatori e degustatori che gireranno in lungo e in largo la Toscana dei grandi vini, dai più antichi e famosi come il Carmignano il Chianti il Nobile il Brunello, fino ai più recenti e in forte crescita come il Morellino e al promettentissimo Foglia tonda della val d'Orcia. Sarà proprio questa l'occasione propizia per i responsabili del Consorzio di togliere finalmente il velo della riservatezza sui risultati del progetto "Chianti classico 2000". Che, partito nel 1989, è giunto a conclusione in questi giorni con l'omologa e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale degli otto cloni in questione. Per arrivarci, i ricercatori delle Università di Firenze e Siena, grazie alla collaborazione di un gruppo di aziende viticole e vinicole private e ai fondi speciali per la ricerca messi a disposizione dalla Regione Toscana e dalla Commissione Ue, hanno osservato per 10 lungi anni Dna e comportamento dei 240 cloni reperiti in tutta la Regione; poi tre anni fa il campione è stato ridotto a 32, fino a giungere agli otto finalisti. Che con l'omologa potranno ora essere prodotti su vasta scala nei vivai a cui il Consorzio del Chianti classico ne ha affidato la moltiplicazione. Va da sè che i giochi sul futuro di uno dei vini di maggior pregio che l'Italia dispone (ma il discorso può essere esteso altrove) e che il mondo intero conosce e premia sono tutti da farsi, perché non è solo un progetto a fare il successo ma l'azione combinata e consapevole di chi firma l'innovazione che fa qualità.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su