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Il Sole 24 Ore

Toscana, volano i prezzi di vino e terreni ... Si aggira sugli 800 milioni
di euro il business del vino in Toscana,
con 63mila ettari di vigneto
che producono mediamente 2,5 milioni
di ettolitri l’anno. La cifra non è la
più alta a livello italiano, ma è certo
quella che presenta il più alto valore
aggiunto tra prezzo medio all’origine
e prezzo di vendita.
In questi giorni di grande attenzione
enologica, sono molti gli elementi
che confermano solidità di immagine
e di valori acquisiti dal vino toscano
in Italia e nel mondo. Al punto che gli
oltre 200 vignaioli di Montalcino si
dicono entusiasti di avere già venduto
tutta la produzione del ’97 a prezzi
che mai si erano visti da quelle parti.
«Quanto alla bottiglia»? Nessuno
lo svela; salvo sentir dire dal direttore
del Consorzio di tutela, Stefano
Campatelli, che nel 2002 si sono prodotte
in totale 12,5 milioni di bottiglie,
di cui 5,5 milioni di Brunello,
per il 67% destinate ai mercati esteri e
per un valore complessivo all’origine
prossimo a 150 milioni, in crescita del
10% sul 2001. Un record.
Ma valori ancora più consistenti si
registrano nel Chianti classico, dove
la produzione sfiora i 40 milioni di
bottiglie per una consuntivo che il
Consorzio valuta in 360 milioni alla
produzione e a 575 milioni di euro
nella fase di cessione del prodotto alla
distribuzione. In ambedue i casi la
crescita anno su anno oscilla intorno
al 12 per cento.
E a galoppare sono anche i valori
dei terreni. Francesco Mazzei di Castello
di Fonterutoli, dice: «Nel Chianti
classico il problema per chi vuole
investire nel vino non è il prezzo, ma
trovare chi è disposto a vendere la
terra. Questo, assieme alla necessità
di ampliare la nostra proposta di rossi,
ci ha portato in Maremma, area che si
sta rivelando sempre più come una
grande terra da vino». Non solo i
toscani guardano alla Maremma.
«Attenzione però a non cadere nel
trappola della corsa agli investimenti
a tutti i costi: non sempre le terre
libere a disposizione hanno i requisiti
che giustificano i prezzi richiesti», avverte
Martino Di Rosa del gruppo di
Vittorio Moretti, l’imprenditore bresciano
che dalla Franciacorta è approdato
in Toscana, investendo una quarantina
di milioni per due tenute da
oltre 600 ettari nel Livornese e nel
Grossetano.
E poi non è detto che l’investimento
sia sempre legato all’acquisto di
nuove terre; a volte può essere l’innovazione
di un processo produttivo a
fare la differenza. Come nel caso di
Stefano Cinelli che alla Fattoria dei
Barbi ha introdotto un nuovo modello
di filare «il cordone speronato libero,
che ha permesso - dice - di meccanizzare
il sistema di coltivazione e
ridurre del 50% i costi di produzione
in vigna». Oppure la scelta fatta da
Donatella Cinelli del Colle di Trequanda
che, invece, ha scommesso
sulla nuovissima Doc Orcia. (arretrato de "Il SOle 24 Ore" del 15 febbraio 2002)

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