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Il Sole 24 Ore

Vino, un business da 8,5 miliardi. Rapporto Mediobanca/Il Sole 24 Ore. Nel 2002 in crescita investimenti fissi (+20%) e giro d'affari (+8,2%) ... Per la prima volta utili e redditività sono in lieve flessione, ma prevale l'ottimismo ... Il vino più è buono e più piace a chi lo beve. Chi lo produce, poi, meglio lo fa e più guadagna. L'equazione può sembrare scontata, ma certo non lo era fino a quando una manciata d'anni fa ci si è resi conto che nel sistema vino quel che conta non è produrre, ma come e cosa si produce. E qui il rapporto Mediobanca-Il Sole 24 Ore dedicato al vino nel 2002, che anticipiamo, viene in soccorso sostenendo che , a dispetto di un settore che, viceversa, e ha visto i . É un fatto che trenta, ma anche venti anni fa, nel Paese di Enotria a contare erano gli ettolitri, magari prodotti unicamente per la distillazione assistita; da una decina d'anni a questa parte non è più così e, per quanto gli esuberi siano ancora all'ordine del giorno, il sistema vinicolo ha finalmente visto il prevalere di logiche mercantili che di fatto premiano le produzioni di qualità. Che, a cascata, ha permesso un incremento dell'8,2% del fatturato salito a 8.500 milioni, del valore aggiunto (7,7%) e degli utili (10%), sebbene questi ultimi abbiano del tasso di crescita, con il roi diminuito di 0,6 punti, mentre il rendimento del patrimonio netto (roe) è sceso dall'11,2 al 10,7 per cento. La battuta d'arresto, in realtà, non è che una correzione della tendenza in atto, che comunque resta assolutamente improntata al bello. Anzi, per gli analisti dell'Ufficio Studi di Mediobanca - quest'anno il rapporto è stato realizzato su un campione molto più ampio del precedente (51 aziende rispetto a 38) e rappresentative del 29% del fatturato totale stimato all'origine a 8,5 miliardi di euro e del 39% del flusso all'export - il vino, grazie alle dinamiche economiche che lo caratterizzano, mantiene al massimo livello quelle caratteristiche anticicliche che il settore alimentare possiede rispetto al resto della produzione industriale del Paese. Al punto che la stragrande maggioranza (75%) degli operatori ritiene che il settore nella sua globalità continuerà a evolversi positivamente, mentre il restante 25% prevede una variazione di fatturato in negativo o vicino allo zero. Più incerte sembrano invece le prospettive all'esportazione, con il 37% del campione che teme una flessione dei valori. Valori che, secondo l'Ice, nel 2002 hanno superato i 2,7 miliardi di euro, con una progressione del 5,4% sull'anno precedente, a fronte di una sostaziale tenuta delle vendite in quantità (16,5 milioni di ettolitri). Questa buona impostazione delle tendenze spiega il perchè nel settore si registi un forte interesse agli investimenti fissi (+20%), cui vanno sommati i flussi degli investimenti tecnici, pari al 6,9% sul fatturato 2002, in crescita rispetto al 6,2% del 2001 e al 4,5% del 2000. E sta proprio in questa crescente propensione a investire la motivazione che spiega il rallentamento della crescita degli utili. Per la verità nel rapporto si fa riferimento a più cause, quali la finanziato da mezzi propri e da nuovi debiti e il rallentamento dell'espansione del business in rapporto alla crescita del capitale investito. Un altro fattore d'analisi su cui il rapporto si sofferma è quello degli investimenti per comunicazione e pubblicità. Qui accade di assistere a un sostaziale blocco delle spese pubblicitarie, . Un particolare, questo, che non ha confronti con quanto accade in altri settori del "sistema moda", al quale le aziende vinicole di tendenza o di grido tendono ad accostarsi. Ma il processo non può dirsi compiuto fintanto che le dimensioni aziendali nel campo vinicolo restano piuttosto circoscritte, con 768 mila aziende su un totale poco più basso di 800mila ettari. Non deve allora ingannare la corsa cui si assiste da qualche anno, e tuttora in atto, in acquisti di tenute agricole da parte di imprenditori del settore o di nuovi e aspiranti vignaioli che investono nelle terre da vino proventi maturati in altri comparti di attività. Ebbene, questo fenomeno non deve ingannare, perchè se è vero che questo succede è pur vero che tuttora nel nostro Paese le aziende con più di 50 ettari sono poche migliaia, essendo il grosso del vigneto Italia in mano ad aziende con un ettaro di vigneto (296mila), quelle con uno-due ettari sono 154mila, quindi quelle che dispongono tra i tre e i cinque ettari ammontano a 150mila. Ma questa evidente dispersione del patrimonio viticolo, la corsa del vino made in Italy mantiene tutti gli ingredienti per crescere ancora. Solo che per farlo è necessario continuare - è la sintesi del rapporto - a . La perdita di oltre 300mila ettari di vigna negli ultimi anni a cui hanno fatto da contraltare .

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