02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Sole 24 Ore

Anche Moët & Chandon è tentata dal transgenico -
Perfino la più nota ditta champagne francese ci ha fatto un pensierino. La Moët & Chandon ha investito nella ricerca di una vite vinifera geneticamente modificata in grado di resistere ai virus. E così, forse, fra il perlage delle bollicine più pregiate del mondo in futuro ce ne sarà anche una transgenica.
Un totale di 4.362 aziende, un giro d’affari di oltre 41 miliardi di dollari e più di 193mila dipendenti. Ecco i numeri dell’industria biotech nel 2003, censita nell’annuale rapporto della Ernst&Young che, ovviamente, comprende anche il ramo medico-farmaceutico. In realtà, tutta la partita continua a essere giocata solo da pochi colossi. Le multinazionali protagoniste del mercato mondiale delle biotecnologie agricole non sonon più di sei o sette. I nomi più noti sono quelli delle statunitensi Monsanto e DuPont, delle tedesche Bayer e Basf, della francese Aventis, della svizzera Syngenta.
Dai primi anni 90 i colossi agrochimici hanno operato con strategie molto aggressive sul mercato, impegnandosi in acquisizioni e fusioni costate suon di miliardi di dollari per ottenere il controllo delle principali imprese sementiere. Risultato: basta unire quattro multinazionali per avere una fetta del 25% del mercato sementiero e oltre il 90% delle sementi transgeniche.
Dietro i giganti dell’agrochimica, però, sono nate centinaia di piccole imprese. La palma, nell’Unione europea, spetta alla Germania, seguita dal Regno Unito e Francia. Ma un posto importante lo stanno occupando anche Finlandia e Svezia, che sono anche i due Paesi in vetta alla classifica europea per spesa in R&S.
Tuttavia molti prevedono che nei prossimi anni l’andamento continuerà a essere quello delle concentrazioni, non potendo aziende di piccole e medie dimensioni competere con grandi gruppi economici. Anche perché gli investimenti necessari per portare avanti la ricerca biotecnologica sono enormi, soprattutto nella fase iniziale e finale delle sperimentazioni.
Oggi l’industria europea delle biotech –che per la prima volta dopo anni di crescita ha subito un brusco stop di ricavi e occupati nel 2002- ha una dimensione equivalente a quella americana negli anni 1994-’95. Da allora il biotech Usa è cresciuto di tre volte. E questo è il potenziale stimato e atteso dalle aziende europee.
Quanto all’Italia, secondo Assobiote, la posizione è disallineata rispetto agli altri Paesi Ue. Non solo per la competitività, ma anche da un punto di vista normativo. L’unica diretiva europea con approccio “promozionale” alle biotecnologie è quella sulla protezione giuridica delle invenzioni biotech, che fissa il quadro giuridico per la loro brevettabilità. Una direttiva approvata nel ’98, ma poi messa in discussione da Italia e Olanda, che hanno presentato un ricorso alla Corte di giustizia europea, risoltosi con una sentenza negativa dei giudici di Lussemburgo. Ma in provvedimento è ancora in corso di recepimento.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su