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Il Sole 24 Ore

Commenti & inchieste - Quando il vino ispira gli architetti ... Quando arrivi a Suvereto e chiedi informazioni ti rassicurano subito: non può sbagliare, vedrà subito l'"occhio" sulla collina. Può sembrare strano ma gli abitanti di questo piccolo gioiello medioevale, incastonato in un angolo di Maremma a una trentina di chilometri dalla costa, non hanno battuto ciglio quando il sindaco ha mostrato il plastico (poi rimasto per mesi nella sala consiliare) della nuova cantina di Petra, l'azienda vinicola della famiglia Moretti, costruttori bresciani già produttori di spumante in Franciacorta. Anche se il progetto di Mario Botta, lo stesso del restauro della Scala a Milano, non è certo nel segno della discrezione. Pur avendo un forte impatto sul territorio la nuova cantina - un enorme cilindro in pietra che nella parte superiore è inclinato parallelamente alla collina, con due lunghe ali laterali - non ha suscitato polemiche. Forse perché anche qui in Maremma sta cominciando a radicarsi la filosofia "importata" dai grandi château francesi, maestri nel dedicare pari attenzione alla qualità dei vini e all'accoglienza riservata ai clienti. Sta di fatto che gli investimenti si moltiplicano e la cantina di Petra sarà presto in buona compagnia. Renzo Piano ha in corso un progetto a Castiglion della Pescaia mentre Bibbona, poco lontano da Bolgheri, vedrà tra poco l'inizio dei lavori per la nuova cantina Antinori, disegnata da Gae Aulenti. «L'investimento per la realizzazione dei nuovi impianti a Petra supera i dieci milioni - afferma Vittorio Moretti - ma il valore dell'intero progetto è almeno il doppio. Volevamo produrre un vino rosso importante, in questa zona particolarmente vocata, e tutto il processo doveva esprimere la massima qualità: un ciclo produttivo moderno, efficace e al tempo stesso rispettoso della tradizione, con il minimo impatto meccanico sulle uve e sul mosto». Ancora più impegnativo il programma di Lodovico Antinori che dopo aver ceduto Ornellaia ai californiani Mondavi impegnerà 25 milioni di euro insieme al fratello Piero e al nipote Nicolò per produrre a Bibbona un «nuovo uvaggio bordolese» destinato nelle intenzioni a replicare i successi di quello premiato nel 2001 dalla "bibbia" internazionale Wine Spectator come miglior vino dell'anno. A Campo di Sasso, «ottanta ettari dove verranno prodotti solo due vini» - spiega Lodovico Antinori -, la cantina sarà «funzionale e poco visibile, un involucro molto timido». Dal canto suo Ornellaia prevede un ampliamento di 4.500 metri quadri delle celebri sale d'invecchiamento realizzate vent'anni fa. La costa toscana sta diventando l'ultimo Eldorado. Sono arrivati in tanti. Angelo Gaja, il produttore di barolo, ha acquistato 60 ettari vicino alla tenuta San Guido dove si produce il Sassicaia e realizzato una cantina da 8mila metri quadri con tre piani sotterranei; Guido Berlucchi ha rilevato l'azienda vinicola del padre dell'ozonoterapia, il professore bergamasco Marianno Franzini e Claudio Tipa, zio di Ernesto Bertarelli, lascia ogni week end gli uffici della Serono a Ginevra per venire a monitorare il podere Grattamacco. I prezzi sono saliti vertiginosamente, «a Bolgheri chiedono 2-300mila euro all'ettaro», sottolinea Moretti e per i cru più nobili dei baroli piemontesi si arriva a pagarne 5-800mila. Ma anche la qualità richiesta alle produzioni impone investimenti significativi. «Per rinnovare i vigneti bisogna spendere almeno 60mila euro l'ettaro», commenta Antinori, «naturalmente senza calcolare il terreno». Soldi ben spesi? «Se si fa un conto esclusivamente finanziario il ritorno non ci sarà mai - commenta Silvano Boroli che dopo aver lasciato De Agostini ha affiancato alla nuova attività editoriale una produzione vinicola nelle Langhe - ma più della remunerazione del capitale investito conta la sua rivalutazione a lungo termine, a 15-20 anni». A guardare lo studio che ogni anno Mediobanca compie sul settore si direbbe che investire in vino conviene. Il rendimento del capitale nel 2001 (ultimo dato disponibile) è stato dell'11,2% «con una performance - si legge nel Focus diffuso nell'aprile scorso - migliore di quella delle principali società italiane»: nel '97 il roi delle società vinicole era inferiore di 2,4 punti, quattro anni dopo è stato invertito il posizionamento (2,4 punti in più rispetto al totale delle industriali), soprattutto a seguito del forte miglioramento dei margini sul fatturato. «Nell'industria c'è la tendenza a comprimere i tempi; fare vino non è un mestiere standardizzato, ogni annata è storia a sé» aggiunge Boroli, per nulla pentito di aver investito 8 milioni di euro nelle due aziende di Alba e Castiglione Falletto dove produce 100mila bottiglie con un fatturato di 500mila euro. Del resto accade sempre più spesso di trovare tra i filari dei vigneti più pregiati imprenditori che hanno raggiunto il successo in tutt'altro settore. Se il tedesco Knauf, il maggior produttore mondiale di cartongesso, sforna 300mila bottiglie di qualità sempre a Bolgheri, sulle colline di Marostica invecchiano il Bianco di Rosso e il Rosso di Rosso del vulcanico patron della Diesel, Renzo Rosso, appunto. «Stavano per smembrare una fattoria di 110 ettari per farne lottizzazioni edilizie - racconta Rosso - il proprietario mi ha implorato di salvarla: sono nato in campagna, ho sentito una sorta di richiamo ed eccomi qui, a produrre vino e olio, tutto rigorosamente "organico", con l'aiuto di Roberto Cipresso, un bravissimo enologo che cura anche i vini di Sting». L'investimento complessivo, compreso il restauro della fattoria, è stato di 15 milioni di euro. Oggi vengono prodotte solo mille bottiglie ma a pieno regime saranno 20mila, destinate alle tavole dei migliori cento ristoranti del mondo. "Migliori", naturalmente, secondo la filosofia Diesel, «un posto dove mangi bene, ma dove soprattutto stai bene, sei a tuo agio». Altro intervento "pesante", seppure l'interessato non vuole parlare di cifre, è quello effettuato da Massimo Ferragamo a Castiglion del Bosco, nella zona del Brunello. «Insieme con un amico californiano - racconta Ferragamo, da vent'anni responsabile dell'azienda di famiglia in Usa - nel marzo scorso abbiamo acquistato 1.750 ettari a Montalcino, cinquanta dei quali destinati alla produzione di Brunello. Vogliamo arrivare a 70 ettari e 500mila bottiglie di grande qualità, con un buon rapporto di prezzo». E si stanno studiando progetti di valorizzazione per il castello del 1250 che sorge all'interno della proprietà. I francesi hanno fatto scuola. Quasi tutti i grossi investimenti di cui abbiamo parlato prevedono l'inserimento di strutture di accoglienza di altissimo livello. Antinori sta ristrutturando a Campo di Sasso una villa del '700 e Boroli ha ottenuto la prima stella Michelin per il suo «agriturismo di lusso» ad Alba, la Locanda del Pignone. Un pizzico di Francia anche per il relais di Moretti a Castiglion della Pescaia che verrà aperto a Pasqua del prossimo anno e potrà contare sui fornelli del "tristellato" Alain Ducasse (arretrato de "Il Sole 24 Ore" del 2 novembre 2003).

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