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Il Sole 24 Ore

Il vino italiano conquista spazi sui mercati Usa ... La sfida è difficile: entrare con sempre maggiore profondità nel mercato americano, superare l'ardua concorrenza dei vini californiani o stranieri, confermare la leadership tra i grandi importatori. Dovrebbe essere semplice, per i prodotti enologici italiani, noti per la loro qualità e la loro ricchezza, ma trasformare potenzialità e risultati già ottenuti in una realtà consolidata richiede sforzi non indifferenti. Occorre coinvolgere la clientela più ricca e più esigente. Per questo, nei giorni scorsi, è stato scelto il Marriott Marquis Hotel in Times Square a Manhattan (New York) per ospitare una degustazione in grado di coinvolgere nel modo più utile esperti, importatori e distributori. Il Great Italian Wines è stato organizzato da Veronafiere-Vinitaly - che nel 2004 ospiterà in Italia una delegazione di produttori Usa - dall'Italian Wine and Food Institute di New York, presieduto da Lucio Caputo, e dalla rivista «Civiltà del Bere». Oltre 600 partecipanti hanno assistito alla presentazione dei migliori prodotti italiani. L'obiettivo era quello di confermare il vino come una componente importante del life style italiano, al pari della moda. Su questa scia, l'Italia è già riuscita a conseguire importanti successi: sulla base dei dati forniti dagli organizzatori, i vini del nostro Paese hanno superato in quantità (196,5 milioni di litri) e in valore (757 milioni di dollari nel 2002) quelli dei Paesi esportatori concorrenti, a cominciare dalla Francia. Sono risultati di cui occorre però prendersi cura. «Il palato degli americani è ancora giovane», ha spiegato Piero Incisa della Rocchetta, che ha presentato i "mitici" Sassicaia, Ornellaia e Solaia della Tenuta San Guido. «In prospettiva - ha aggiunto - diventeranno però i consumatori più raffinati, perché sono abituati a bere il meglio. La cucina italiana è certamente un veicolo importante di diffusione, apprezzata perché sofisticata pur essendo sostanzialmente semplice e poco elaborata, per consolidare e migliorare le posizioni acquisite sinora e far fronte alla concorrenza». La lezione dei francesi, che hanno clamorosamente perso la leadership tra gli esportatori, invita però a essere cauti. «Sarà importante non commettere i loro stessi errori e mantenere un giusto rapporto qualità-prezzo», continua Incisa della Rocchetta. Un consiglio condiviso anche da altri produttori. Filippo Mazzei, che ha presentato i vini del Castello di Fonterutoli (Siepi Merlot, Sangiovese Igt Toscana '99) dice di essere «ottimista» sul mercato Usa, ma osserva: «Ormai il cambio di mentalità dei consumatori è strutturale e globale: oggi si rimane sul mercato se si dà una qualità medio-lta ma al giusto prezzo». «È finita l'euforia degli anni 80 e 90, negli Usa ora si sta andando verso una crescente attenzione per il rapporto qualità-prezzo», ha incalzato Domenico Zonin (Buneis, Barbera, Merlot Doc). Gli ostacoli non mancano. La concorrenza si fa agguerrita, anche quella dei nuovi Paesi produttori. Michele Chiarlo (La Court, Barbera, Asti Superiore) non nasconde allora, con grande sincerità, l'esistenza di «alcune difficoltà» di carattere generale, anche se aggiunge: «Il mercato Usa è molto importante per noi e ci sta regalando, come azienda, grandi soddisfazioni». La qualità su cui far leva, del resto, non manca. «I vini italiani hanno delle microzone e delle tipicità che li rendono unici, a differenza degli altri vini internazionali, che sono privi di identità», ha precisato Jacopo Biondi Santi (Brunello di Montalcino). E allora un po' di fiducia in se stessi non guasta. «Sono sicuro che chi lavora bene, non ha problemi», conclude Franco Conterno della Aldo Conterno (Quartetto Nebbiolo, Barbera, Merlot, Cabernet 2000), secondo il quale la situazione attuale del mercato americano è al pari di quella europea.

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