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Il Sole 24 Ore

Caro vino (e i tavoli si svuotano) ... Lo trova noioso, l’argomento, perfino chi scrive, ma quando ci vuole, ci vuole. Sì, ancora una volta (spero sia l’ultima), mi capita di denunciare il caro vino. Ritengo infatti sia, oggi, incredibile ricaricare su una bottiglia il 414%. Prima devo fare una premessa. Si tratta di un eccellente vino, di un ottimo produttore, incolpevole del caro prezzo. È il pinot nero L’Arturo 2001 Ronco Calino, forse la miglior espressione di questo vino di terre di Franciacorta. Ebbene, dopo un’accurata indagine ho potuto accertare, direttamente sul mercato, che il produttore posiziona le sue bottiglie a circa 18 euro: un prezzo che trovo corretto per il valore di questa etichetta. Una settimana fa in un noto ristorante ho pagato per questo pinot nero che ben conosco (e che era all’altezza della sua fama) ben 75 euro. Vorrei sottolineare che la carta dei vini, dove ho scelto l’etichetta in questione, è ristretta, dunque non offre grande varietà, conseguenza di una scarsa ricerca e di un relativo investimento nella cantina. Insomma non siamo in presenza della costruzione di una carta dove il capitale fermo è rilevante al punto tale da giustificare prezzi fuori della media. Devo altresì sottolineare che il ricarico monstre sul Ronco Calino non è un fatto isolato, ma si ritrova anche sul resto dei vini della carta. Ma, non contento di essere risalito al prezzo di partenza (mi riferisco a quello praticato alle enoteche e ristoranti), ho voluto fare un sondaggio tra i ristoratori che dispongono dello stesso vino in carta, per fare un "check up" sul prezzo altrui. Non riporto le quotazioni di locali di secondo piano, ma di ristoranti stellati. Il risultato è stato che il valore più alto riscontrato è stato di 43 euro. Un differenziale abissale: ci sono locali, lo sottolineo, con livelli ancora molto inferiori a questo top. Qualche lettore potrebbe anche obiettare: perché hai ordinato Ronco Calino, oppure perché hai scelto quel ristorante. Alla prima obiezione posso replicare che volevo bere bene, non spendendo una fortuna... alla seconda domanda posso rispondere che mi sono recato in quel locale per "apprezzare", assieme a un amico gourmet, le qualità di una giovane chef, Paola Budel, purtroppo quella stessa sera assente in cucina. Particolare che ho saputo alla fine della cena, ma che balzava evidente da alcuni piatti non rifiniti ad hoc: untuosità del fritto dei fiori di zucca con crema di cannellini; grassa e pesante la ventresca di maiale con il calamaro ai ferri... intrigante, nonché buono invece "scampi e pesche". Si tratta del ristorante «Galleria» dell’hotel Principe di Savoia di Milano, dotato di un bel dehors, assai apprezzato in questo periodo caldo. Le doti della Budel, che ho avuto modo di apprezzare in passato, sono riconosciute, dunque non voglio giudicare il menu e i piatti, non sarebbe corretto nei suoi confronti, magari è meglio informarsi se lei sia presente o meno in cucina. E mi riprometto di farlo quanto prima. Per ritornare al caro vino riconosco, a differenza della Francia, dove i menu degustazione dei "grandi chef" variano dai 180 ai 260 euro (da noi invece dagli 80 ai 160) in Italia i margini vengono cercati da molti ristoratori nelle etichette e non nel menu, ma esagerare porta poi al vuoto dei tavoli. Sine qua non.

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