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Il Sole 24 Ore

In ottobre l'export supera quello australiano
Vino, l'Italia leader negli Usa ... L'Italia del vino torna leader negli Usa. Ma non c'è tempo per brindare perché da Bruxelles arriva la doccia fredda: cioè l'autorizzazione concessa dalla Commissione Ue all'Australia a utilizzare la denominazione "Tokai" per i propri vini da esportare in Europa. Una beffa per i vignaioli friulani e i produttori magiari che, pur di rivendicare ciascuno la propria denominazione, hanno avviato un lungo processo ancora in attesa di giudizio. Dopo quattro mesi di polvere provocata dal riuscito arrembaggio di luglio degli australiani, il vino made in Italy ha riconquistato negli Stati Uniti il primato che ha sempre conservato negli ultimi trent'anni. È un fatto che in ottobre le esportazioni italiane - come informa una nota dell'Italian wine food institute - hanno superato i 171mila ettolitri, lasciando il temuto concorrente alle spalle di molte lunghezze (138mila). Il ritorno al top sul ricco mercato americano, ancorchè limitato al solo mese in questione, è stato possibile nonostante gli sdoganamenti abbiano accusato un lieve calo del tre per cento. Ma tanto basta per spingere il responsabile dell'Istituto, Lucio Caputo, a prevedere quanto prima un ritorno stabile al vertice Usa. Convinzione che peraltro non viene scartata dall'Istituto per il commercio estero, a cui non sfugge l'evoluzione in atto sul fronte delle esportazioni vincole nazionali.
Ebbene, tra gennaio e settembre dell'anno in corso, l'export italiano ha infatti recuperato quasi metà del salasso accusato nel corrispondente periodo del 2003: 10,3 milioni di ettolitri, con una crescita dell'8%, quando l'anno precedente la perdita ammontò a -17,2 per cento. Tale miglioramento - osserva il responsabile del settore vino dell'Ice, Stefano Raimondi - si verifica in presenza di una crescita più consistente dei vini sfusi (+15%) e del moderato aumento dei valori complessivi (2 miliardi di euro, con +4,2%), dal che si evince che il prezzo medio cala, premiando i flussi esportativi dei vini che hanno un rapporto qualità-prezzo convincente per il consumatore.
Questa tesi trova ampio consenso tra i nuovi esportatori di vino italiano, a cominciare dalla tenuta aretina Sette Ponti dell'imprenditore Antonio Moretti, i cui vini "Oreno" hanno ottenuto negli Stati Uniti uno dei massimi riconoscimenti per il migliore rapporto qualitàprezzo. E non sono da meno i grandi gruppi che, agendo con moderazione sui listini, hanno costruito il proprio successo sui mercati internazionali. Lo ricorda Giancarlo Moretti Polegato del gruppo trevigiano La Gioiosa-Villa Sandi (17 milioni di bottiglie, di cui il 60% all'export), quando dice che nel rinnovare i contratti con le controparti ha di fatto praticato lievi correzioni nei listino, quando i rincari della materia prima avrebbero suggerito il contrario. Ma se per i produttori la parola d'ordine è quella di fare attenzione e ricompattarsi su valori più equi, per gli eurocrati di Bruxelles la saggezza non si sa dove stia di casa. Almeno questa è la sensazione che si ricava dall'ultimo provvedimento adottato dalla Commissione Ue che, alla richiesta dell'Australia di potere continuare a utilizzare la denominazione Tokai, ha risposto affermativamente. Il che non poteva passare inosservato, quando tutti sanno che alla Corte di giustizia si sta celebrando un processo tra Italia e Ungheria per definire chi e come può utilizzare la Doc Tocai. Insomma un bel pasticcio che, da un lato, ha fatto infuriare gli ungheresi; dall'altro, ha provocato la reazione italiana con il sottosegretario alle Politiche agricole, Paolo Scarpa Bonazza che ha dichiarato: «Siamo alla paradossale situazione in cui l'Australia si vede riconoscere l'utilizzo di una indicazione geografica, che invece si vorrebbe negare all'Italia sulla base di un equivoco evidente tra due vini totalmente differenti l'uno dall'altro».

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