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Il Sole 24 Ore

Italia dei vini - Scoppia la guerra del «Talento». La nuova denominazione degli spumanti attesa da 30 anni divide il mondo dei produttori. La Federdoc pronta a contrastare il decreto: «Provvedimento troppo permissivo, così non si tutela la qualità» ... Aria di guerra tra i produttori di spumante classico italiano. Dopo 30 anni hanno finalmente un nome (Talento) riconosciuto con una legge dello Stato, ma la decisione dà fiato alle polemiche.Il decreto firmato nei giorni scorsi dal ministero delle Politiche agricole, riconosce la nuova denominazione e fissa anche regole (le uniche uve utilizzabili sono Pinot e Chardonnay) e condizioni (vini di qualità Doc e Docg e vini da tavola di tutta Italia) per l'utilizzo del nome stesso. Ma il risultato - già raggiunto dalla Francia più di un secolo fa con lo Champagne, dalla Germania (con il Sekt) e dalla Spagna (con il Cava) vent'anni fa - spacca il mondo dei produttori di spumante. E così la Federazione dei consorzi dei vini doc italiani (Federdoc) minaccia di impugnare il decreto che - è l'accusa - danneggerebbe la logica stessa delle denominazioni d'origine. Per il presidente dell'Istituto di tutela del Talento classico, Mauro Lunelli, il decreto del ministro Alemanno «è un atto che fa giustizia di una situazione che non era più tollerabile per un Paese come l'Italia», leader mondiale nel settore del vino e terzo produttore mondiale nel segmento degli spumanti con 245 milioni di bottiglie prodotte, di cui 136 milioni esportate, e solo 17 milioni di spumante di qualità rifermentato in bottiglie. Il tutto per un valore stimato in 1,7 miliardi di euro.

Di parere opposto il presidente di Federdoc, Riccardo Ricci Curbastro, secondo il quale il decreto «ancorchè pensato con intenti nobili, di fatto umilia tutti i buoni propositi di quanti in questo Paese intendano produrre vini spumanti di qualità». Dove la qualità evidentemente è un fattore soggettivo che si presenta a più facce, tante quante sono le origini della materia prima. «È incredibile - incalza Rici Curbastro - come si possa autorizzare la produzione del Talento spumante classico, permettendo l'uso di uve di qualità Doc e Docg e di uve da tavola prodotte ovunque nel Paese. Non è certo questo un modo serio per fare prodotti di eccellenza». Di qui la decisione della Federazione di indire un consiglio con all'ordine del giorno la decisione di impugnare la validità del decreto.Federdoc non è sola in questa battaglia, ma ha due alleati che, sia pure per motivi diversi, hanno già detto di non condividere la norma. Il primo è il Consorzio Franciacorta che, sebbene sia stato escluso ufficialmente dall'obbligo di applicazione del nuovo nome (Franciacorta è infatti una denominazione già riconosciuta ufficialmente da un regolamento dell'Unione europea), si ritiene comunque danneggiato dall'abbassamento dei valori della materia prima.Dice Ezio Maiolini, presidente del Consorzio: «Noi siamo sempre stati fautori del nome legato al territorio e debbo dire che abbiamo avuto ragione a fare questa scelta. Quando si è saputo del decreto, ci siamo attivati affinché fossimo esclusi dal provvedimento. Come poi è avvenuto. Tuttavia non posso non osservare che mettere sullo stesso piano i vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate (Vsqprd) con i vini spumanti di qualità (Vsq), è un attentato vero e proprio all'immagine di prodotti come il Franciacorta. Che, oltretutto, ha la Docg. Per questo stiamo valutando il da farsi, con l'obiettivo di tutelare l'immagine della nostra denominazione».Ma la protesta arriva anche dal Sud, zona dove finora la produzione di spumante non ha avuto un grande seguito: il 95% dei 245 milioni di bottiglie, infatti, è prodotto nelle regioni del Nord. A salire sulla barricata è la Regione Campania, che si unisce al fronte dei contrari. Durante la Conferenza Stato-Regioni, la Campania ha infatti denunciato la mancanza di equità del decreto quando stabilisce che lo spumante classico possa essere prodotto solo con due tipi di uve (Pinot e Chardonnay), che non sono diffuse nel Mezzogiorno.

Asti - Il più bevuto anche all'estero
Asti spumante docg è con 75 milioni di bottiglie il vino made in Italy più prodotto in assoluto.Ma è anche il più esportato, poiché del totale, circa 23 milioni vengono consumate in Italia e più di 50 milioni partono per i mercati internazionali, in particolare la Germania - che nonostante la crisi dei consumi resta il principale Paese consumatore dopo l'Italia - e poi Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, mentre da un paio d'anni sta crescendo molto bene la Russia. L'Asti spumante viene prodotto con il metodo dei grandi recipienti da uve Moscato in un'area di 10mila ettari distribuita tra 52 comuni di tre province piemontesi (Asti, Cuneo e Alessandria). La produzione di uve nel 2004 è stata pari a 1,15 milioni di quintali da cui verranno estratti 558mila ettolitri di mosti destinati ad Asti e Moscato docg. La produzione di Asti è regolata da decreto e la tutela è affidata al Consorzio dell'Asti (di cui è presidente Paolo Ricagno) al quale sono associate 158 aziende tra produttori di uve, trasformatori e aziende imbottigliatrici.

Talento - Una storia difficile iniziata nel 1848

Lo spumante classico per eccellenza, nel senso che il nome Talento è stato inventato letteralmente per lui.A produrre il primo spumante di riferimento in bottiglia in Italia è stato nel 1848 Carlo Gancia in quel di Canelli (Asti), seguito a breve distanza da Antonio Carpenè a Conegliano, in Veneto.Bisogna attendere l'inizio degli anni 70 del secolo scorso per vedere un gruppo di produttori organizzarsi e costituire l'Istituto dello spumante classico con un proprio codice di comportamento, il cui battesimo avvenne nel 1976 alla Mostra nazionale dello spumante classico di Valdobbiadene. L'idea dell'Istituto era di seguire le orme del Comité du vin de Champagne, che nel frattempo aveva chiesto all'Unione europea di riservare la dizione méthode champenois ai soli vini di Champagne. L'istituto di diritto privato ha avuto un certo successo ma non è mai riuscito a coinvolgere tutti i produttori, tant'è che le contese e le fratture sono state per un bel po' di tempo all'ordine del giorno.Soprattutto nella ricerca del nome. Che ora è per legge Talento.

Franciacorta - Enclave bresciana su pochi ettari

Franciacorta (zona o corte franca, ma anche piccola Francia per via della dominazione francese) è una zona della Lombardia che si estende nella provincia di Brescia a ovest del capoluogo, verso il lago d'Iseo con epicentro Erbusco, dove ha sede il relativo Consorzio di tutela (presidente Ezio Maiolini). Franciacorta Docg è quindi una denominazione territoriale (al pari di Asti Docg) e il vino prodotto da uve Chardonnay e Pinot nero rientra nella casistica degli spumanti classici fermentati in bottiglia. La superficie vitata si estende per 1.450 ettari (su duemila rivendicati) e la produzione sfiora i 5,5 milioni di bottiglie, di cui solo poche casse vengono esportate. La produzione di Franciacorta è piuttosto recente, ma la politica intrapresa dai produttori che hanno legato il vino al nome della terra si è rivelata vincente, grazie anche alla scelta fatta dalla totalità delle imprese (150 sono i produttori, di cui 85 imbottigliatori) di dotarsi di un disciplinare molto severo sotto il profilo della qualità. L'unico punto debole è la limitatezza del territorio.

Tremila aziende in 15 Comuni

Il successo più recente in fatto di spumante appartiene al Prosecco, vino ottenuto dall'omonimo vitigno che una leggenda dice sia originario di un piccolo villaggio (Prosecco) che si trova sulle alture della Venezia Giulia: qui, grazie alle montagne, la coltura del vino fu risparmiata dal disastro causato dalla fillossera alla fine dell'800.

Il prosecco è un vino spumante fermentato Charmat (grandi recipienti) appena aromatico prodotto in 15 comuni compresi tra Valdobbiadene e Conegliano, considerata la zona classica doc che si estende per 4.350 ettari. Al suo interno c'è anche una piccolissima area di 106 ettari chiamata Cartizze, da cui il nome del Prosecco ritenuto in assoluto il più buono. A quest'area va aggiunta l'area del Prosecco veneto, ritenuto meno nobile ma decisamente prodotto in grandissima quantità. Di prosecco classico se ne fanno circa 40 milioni di bottiglie di cui 13,5 milioni esportate: a produrlo sono 3.330 viticoltori e 135 imbottigliatori per un giro d'affari stimato intorno a 250 milioni di euro.

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