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Il Sole 24 Ore

Vino - Braccio di ferro sulla doc Sicilia . Allarme per l'imbottigliamento fuori regione. Rallo (Donnafugata): dubbi sul prodotto venduto a basso prezzo ... «Ci stanno letteralmente rapinando. Se non troviamo un sistema che metta fine alla barbaria di chi arriva, prende e scappa rischiamo di trovarci con tante belle parole e le mani vuote». Giacomo Rallo, presidente della storica vinicola Donnafugata di Gattopardesca memoria, è molto preoccupato per quanto sta accadendo al vino siciliano, proprio ora che il mondo ha scoperto l'eterea bontà dell'Insolia e l'opulenza del Nero d'Avola.

« Il problema - dice intervenendo al convegno sul marketing del vino presieduto da Sebastiano Torcivia dell'Università di Palermo - non sono le aziende che vengono a investire da noi, ma i vini imbottigliati fuori regione che portano il nome Sicilia in etichetta e vendute a un euro e mezzo nei supermercati. Che considerazioni possono mai fare i consumatori quando capita di trovarsi di fronte a esempi come questi?».

Rallo non lo dice, ma a pensare che dentro quelle bottiglie ci sia dell'altro sono in tanti. È per questo che il grido d'allarme trova il consenso dei tanti imprenditori privati e di cantine cooperative. A dividere, invece, sono i modelli operativi. Per Francesca Planeta «non si deve più indugiare sulla necessità di introdurre la doc Sicilia: questa obbligherebbe l'imbottigliamento in zona, e dunque le perplessità verrebbero meno». Ma gli emergenti Maurizio Miccichè della Calatrasi e Diego Cusumano dell'omonima azienda di Partinico la pensano in modo diverso, sostenendo che sia la marca a fare la qualità e fidelizzare il consumatore. «La Doc - dice Miccichè - è protezione per i vini del territorio, non certo strumento per mettere fine alle frodi».

Una tesi che non convince del tutto Rallo, che fa capire di propendere per la denominazione d'origine «a patto che il relativo regolamento venga svecchiato dagli orpelli che tuttora pesano e legano le mani agli imprendiotri, quando altrove tutto viene permesso».

Un saggio di forze contrapposte che il presidente di Assovini e vignaiolo di razza, Lucio Tasca d'Almerita, sta cercando di gestire al meglio per fare in modo che tesi e controtesi confluiscano in qualcosa di unitario «per il bene della vite e del vino di Sicilia». « Non c'è dubbio, il braccio di ferro esiste - ammette - e sono anni che ne discutiamo e probabilmente non possiamo risolverlo noi in Sicilia: la legge è nazionale e risponde a regolamenti comunitari. Dunque è lì che bisogna intervenire. Noi sappiamo solo che i nostri vini hanno successo perchè sono buoni. E vanno tutelati».

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