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Il Sole 24 Ore

Lanati, wineamkers. «Esaltiamo il territorio con le sue 200 varietà» ... Cultura del territorio per esaltare la cultura del vino. Maggior valore dei vitigni locali per dare più valore al vino italiano nel mondo. Donato Lanati, tra i pochissimi enologi italiani di livello internazionale a fregiarsi del titolo di "winemaker", sta ultimando il suo progetto sulle colline del Monferrato. A Cuccaro, tra Alessandria e Casale, dove oggi c'è Enosis, centro servizi e di ricerca applicata all'enologia e alla viticoltura, presto sorgerà Enosis Meraviglia, l'Università del vino a cui Lanati sta lavorando da anni con un obiettivo: legare sempre più il vino al territorio.

« È l'unica strada che l'Italia ha davanti - dice - per rimanere concorrenziale a livello mondiale. Soprattutto ora, che la competizione di Cile, Sud Africa, Australia si fa più stringente » .

Come sta cambiando, a livello internazionale, il concetto di gusto e quindi di produrre vino? Si stanno affermando ormai due tipologie di vino. Il primo è conosciuto come prodotto di " domanda", cioè un vino colorato, ricco di profumi, morbido, ma senza una precisa indicazione della provenienza, del territorio. Sono vini originati da una viticoltura di basso costo, costruiti sulla base della domanda e rappresentano circa l' 85% del mercato mondiale. Alfieri di questa produzione Australia, Argentina, Cile, Sud Africa. Sono i vini che incontriamo tutti i giorni.

Il secondo tipo? Sono i vini dell'offerta e qui Italia e Francia sono i due paladini. Parliamo di vini strettamente legati al territorio di origine, alla tradizione. La vigna è solo un tassello dell'intero ecosistema, a cui si aggiunge un profondo rispetto per gusto e varietà. Un esempio: il barbera viene prodotto in tutto il mondo, ma solo in ristrette aree del Piemonte esprime le sue massime peculiarità.

Il gusto italiano come si colloca tra queste due tipologie? L'Italia non è un paese che produce i vini della globalizzazione. Siamo un paese di vini eleganti. Il gusto ovviamente segue le due tendenze. I nostri vignaioli però devono comunicare di più il rapporto tra vino e territorio.
L'Italia è caratterizzata da tante piccole aziende vitivinicole: questo significa che anche il vino " piccolo" è sinonimo di eccellenza? Una premessa. Da ormai un ventennio l'Italia ha raggiunto vette qualitative impensabili. E su questo non si discute. Ma oggi occorre di più. Serve la sicurezza alimentare. E servono nuovi passi sulla strada della certificazione. Abbiamo una legge sulla denominazione dei vini vecchia di più di quaranta anni. I controlli sono in massima parte cartacei e non sono le poche degustazioni che possono certificare la territorialità di un vino. Chi compra uno specifico vino di una determinata area chiede un prodotto al top. Gli strumenti che oggi abbiamo non bastano. Andrebbe esteso l'uso della risonanza magnetica nucleare che ci dice con esattezza che quel vino viene proprio da quel territorio. E questo è un plus, una carta da giocare nel mercato dei vini globalizzati. Poi c'è un altro passo.

E sarebbe? Comunicare di più. Nel registro varietale dell'Italia ci sono circa 200 vini autoctoni contro i sette della California e i 15 della Francia. Abbiamo un patrimonio di gusti estremamente variegato e inestimabile, ma tutto questo dobbiamo capirlo ed esaltarlo.

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