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Il Sole 24 Ore

Assemblea Federvini - Le vendite oltre frontiera sono aumentate del 5,4%. Mastroberardino: le nostre aziende ancora troppo piccole. I consumi degli italiani calano a 48 litri pro capite ma la domanda estera riparte Torna a crescere l'export di vino ... L'entusiasmo degli anni migliori si è un po' appannato, ma il vino conserva intatte le peculiarità di prodotto capace di assicurare sviluppo al Paese. Lo dimostra l'andamento delle esportazioni che, dopo una fase di sbandamento, sono tornate a crescere (+ 5,4% in valore e + 6,3% in quantità nell'ultimo anno), al punto da compensare l'ulteriore sfilettatura della domanda interna, ormai più vicina a 48 che a 50 litri pro capite. Domanda che comunque vede ormai quasi appaiati vino sfuso (14,8 milioni di ettolitri) e prodotto confezionato (13,2 milioni), con la distribuzione moderna che detta legge con il 62% delle vendite, mentre la ristorazione è in affanno (2,5%). Ora, sebbene il quadro congiunturale illustrato ieri nel corso dell'assemblea di Federvini presenti una prevalenza di grigio, il vino continua comunque a essere un prodotto di alta immagine del made in Italy; anzi, per il presidente degli imprenditori italiani Luca Cordero di Montezemolo, il vino «oltre a fare vetrina, è in grado di dare un formidabile contributo alla crescita del Paese, in particolare del Sud». A patto che si continui a investire sulla qualità del prodotto e sul marchio d'impresa, che si facciano politiche di marketing ad hoc e si intervenga segmentando la produzione in modo da ampliare l'offerta.Non solo, ma in prospettiva il settore vinicolo - ha aggiuntoMontezemolo - deve affrontare e cercare di dare risposte efficaci ad alcune grandi questioni sul tappeto, come la dimensione e la frammentazione dell'impresa («per crescere è necessario puntare ad alleanze, acquisizioni, fusioni e anche a una maggiore specializzazione delle imprese») , la concorrenza («che va vista in chiave internazionale, e dunque necessita di una risposta che sia rappresentativa del sistema Paese») .Tutte osservazioni che l'assemblea e il presidente di Federvini, Piero Mastroberardino, hanno pienamente condiviso. Di più. Il presidente degli imprenditori vinicoli, infatti, ha osservato che il settore necessita di «interventi strutturali importanti che consentano alle nostre imprese di raggiungere dimensioni adeguate ad affrontare la concorrenza internazionale». E per meglio comprendere il divario che esiste, basti dire che mentre in Italia « solo l'8% delle aziende viticole dispone di una superficie superiore a 5 ettari e il 70% sta sotto i due ettari, in California la media aziendale si aggira sui 30 ettari, mentre in Australia si sale addirittura a 400 ettari». E tuttavia perMastroberardino nel Paese vi sono segnali che fanno pensare che qualcosa stia cambiando. Basti pensare al crescente interesse degli investitori esteri per i nostri vigneti, «che può essere visto con qualche preoccupazione, ma vuole dire anche che il sistema in sè trasmette segnali di appetibilità, che vanno convertiti in opportunità concrete». Ma questo non colma le carenze che penalizzano il sistema vino Italia e che vanno risolte. Una per tutte. Un contributo al recupero di competitività, secondo Mastroberardino può venire anche «dal riconoscimento della qualifica di beni strumentali per i vigneti».

L'intero settore vale 66 miliardi

Asset patrimoniali per 45 miliardi cui vanno aggiunti altri 21 miliardi relativi al flusso annuo di prodotto, per un totale di 66 miliardi di euro. A tanto ammonta il valore complessivo dell'intero settore vitivinicolo italiano, compresi gli impianti di produzione e di trasformazione del vino, nonchè le strutture connesse all'attività di acquaviti, liquori, distillati e aceti.Cifre da capogiro quelle che vengono attribuite alla filiera vino "made in Italy" considerata nella sua complessità. La valutazione è del Dipartimento di economia, ingegneria e agraria dell'Università di Bologna che, su richiesta di Federvini, ha provveduto a monitorare e quantificare questa realtà produttiva che, a ragione, è considerata tra le più dinamiche del sistema agroalimentare nazionale.La parte preponderante del patrimonio è attribuibile ai vigneti (640.416 ettari), il cui valore viene stimato in 23 miliardi di euro, di cui un terzo (7,6 miliardi) nelle regioni del Nord Est, seguito dal Centro con il 22% (4,8 miliardi), quindi il Nord Ovest con il 15%, mentre il rimanente 30% va suddiviso tra Sud e isole. Lo studio rileva che i produttori viticoli censiti sono 205.128 il 60% dei quali ha più di 60 anni, mentre un altro 20% va da 50 a 60 anni. Il principale problema, dunque, è l'invecchiamento della popolazione e questo spiegherebbe la perdita di 300mila ettari di vigneti negli ultimi vent'anni. Per contro gli investimenti in cantina crescono (15 miliardi), ma per lo più (58%) si tratta di investimenti fatti da produttori con oltre 10mila ettolitri di prodotto.

Ecco i vigneti che valgono di più

Collio 130/180.000 euro

Trentino 360/450.000 euro

Valpolicella Classico 350-400.000 euro

Verdicchio 50/70.000 euro

Sicilia - 50/70.000 euro

Brunello di Montalcino - 270/300.000 euro

Bolgheri - 250/300.000 euro

Barolo/Barbaresco 260/300.000 euro

Franciacorta - 80/110.000 euro

Chainti Classico - 90/150.000 euro

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