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Il Sole 24 Ore

A me mi piace - Qualità prezzo, il rapporto ormai è logoro ... Rapporto qualità prezzo: che palle! Nelle enoteche, nei ristoranti, in ufficio, negli ascensori aziendali, nelle camere da letto, nei salotti ormai le bottiglie di vino non sono più definite per il bouquet o per il sapore di tappo, ma sono giudicate solo per quell'indice, oggi di gran moda. Così pure i ristoranti non vengono più qualificati per i piatti, per il menu, per la carta dei vini bensì per la famigerato relazione. Per carità, sarebbe miope non ammettere che la crisi dei consumi è molto, molto grave, quasi da affermare che non c'è più un euro da spendere. Normale dunque che tutti i prezzi vengano messi in discussione, a cominciare da quelli del vino e dal conto al ristorante. Però non si può giudicare tutto in funzione del rapporto qualità prezzo. Il cibo e il vino sono soprattutto emozione, piacere, allegria& Non dico di diventare seguaci di un impossibile " marketing emozionale" (orrore, esclamerebbe giustamente Giampiero Mughini), ma godiamoci un lambrusco grasparossa con le ostriche o le bollicine magari con la mortadella senza dover mettere mano alla calcolatrice. Questi riferimenti non sono fatti innanzitutto per giustificare il caro prezzi del mangiarbere, così come non toccano chi è costretto per lavoro a pranzare al ristorante. Riguardano soprattutto la sfera della cena di piacere, in compagnia, decisa per scelta, così come succede quando invece di acquistare un capo d'abbigliamento nel grande magazzino si scelgono gli abiti, le scarpe, le borse griffate. Non ho mai sentito alcuno calcolare il rapporto qualità prezzo di una borsa di Gucci, di una giacca di Armani, di una gonna di Dolce& Gabbana, di una scarpa di Codevilla o di Prada.
Il piacere non ha prezzo e quindi lasciamo in disparte i rapporti economici: " l'economia del piacere" per fortuna, ancora non è una scienza, né ha ancora il suo guru (nonostante Paolo Mantegazza e Gabriele D' Annunzio). T ra l'altro c'è un modo di giudicare, per esempio, la qualità di un vino? Secondo uno dei più grandi enologi del secolo (oggi purtroppo scomparso), Peynaud « la qualità di un vino dipende dalla qualità del degustatore e siccome la qualità del degustatore non esiste& » . Potremmo aggiungere la medesima annotazione sui piatti: « la qualità di un piatto dipende dalla qualità del degustatore (o del critico); siccome la qualità del degustatore non è oggettiva». Allora cominciamo a mandare in soffitta il rapporto qualità prezzo, inutile indice, attualmente utilizzato per giustificare prezzi scandalosi o per portare alle stelle vini e locali mediocri.
L'interrogativo che mi pongo è come si debbano giudicare i conti pagati in passato nei ristoranti di Alain Senderens (L'Archestrate e il Lucas Carton), chef parigino per anni leader, precursore della nouvelle cuisine, oggi cuoco pentito, pronto a dimezzare il costo di una seduta gastronomica nel suo locale e a restituire le tre stelle della guida rossa. Il rapporto qualità prezzo per la stessa cena, in precedenza del costo di circa 250 euro, nella nuova versione intorno ai 100 euro, può essere lo stesso? Certo in molti faranno la code per sedere nel suo Lucas Carton (9, place de la Madeleine, Parigi) pronti ad affermare che la cena da Senderens ha un eccezionale rapporto qualità prezzo, ma se fossero gli stessi commensali che appena qualche mese fa hanno sborsato il triplo per lo stesso menu, come dovremmo soprannominarli: & ssi? Speriamo invece che quei clienti non abbiano mai pensato in modo economico meccanico, ma si siano seduti a quei tavoli solo per il piacere di gustare i piatti di un grande cuoco. Sine qua non. (arretrato de Il Sole 24 Ore del 19 giugno 2005)

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