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Il Sole 24 Ore

I Doc italiani sfidano Tokyo. Ancora debole la fetta di mercato dei nostri vini ... e i risultati si sono già avuti, con un piccolo boom del vino nazionale nel 1998, quando i consumi hanno raggiunto il picco dei 298 milioni di litri. Da allora la situazione si è piuttosto ridimensionata al punto che le importazioni di vino, dopo una crescita costante fino al 1990, sono diminuite nel 2005 del 7 per cento. Cosa è successo? L’interesse dei giapponesi, da sempre gran bevitori di birra, si è spostato al sake e alle bevande alcoliche gassate, gli happoschu. “E l’imminente aumento di 6 yen a bottiglia di vino dal 1° aprile potrebbe addirittura esacerbare questo trend”, dice Thierry Cohen, managing director della Japan Europe Trading (JET), che da oltre un ventennio importa vini italiani nell’arcipelago. “In questi anni - prosegue - le aziende vinicole hanno continuato ad aumentare i prezzi e oggi c’è un esubero di prodotti sopra ai 3mila yen a bottiglia: una situazione assurda se si considera che la domanda di vini appartenenti a questa fascia di prezzo copre appena il 4% della quota di mercato”. Con il risultato che molti venditori al dettaglio stanno perdendo interesse per l’Italia, attratti dai vini del cosiddetto Nuovo mondo, “meno costosi - ammette Cohen - con etichette di facile comprensione, più bevibili”. Dello stesso parere anche Masuhiro Shimizu, marketing manager della Kirin brewery, colosso della birra e importatore di vini italiani: “Negli ultimi quattro anni c’è stato un cambio di rotta nelle strategie dei maggiori distributori giapponesi, che oggi puntano molto su Australia e Spagna con piani aggressivi di commercializzazione. Quello giapponese è un grande mercato di vini californiani: passare a quelli australiani è facile, mentre invece per i vini spagnoli gioca molto il prezzo, inferiore a quello italiano”. Ma Shimizu è ottimista, presto ci sarà un ritorno di fiamma per l’Italia. Gli italiani sono ben posizionati nella ristorazione con prodotti qualitativamente elevati, ora bisogna passare all’attacco della grande distribuzione: l’Italia è ricca di ottimi Doc capaci di soddisfare la domanda ai livelli più bassi della piramide. Come sottolinea Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc, a Tokyo presentare insieme all’Ice il programma di tracciabilità dei vini italiani, “il nostro Paese ha la capacità di avere vini per tutti i palati e tutte le tasche”. E chi meglio dei giapponesi può capirci quando parliamo di storia, tradizione, qualità? “Non è casuale - prosegue Ricci Curbastro - che in Giappone sia stata riservata un’enorme attenzione alla nostra proposta. L’Italia è l’unico Paese al mondo ad avere un programma di tracciabilità dei vini a denominazione d’origine, metodo infallibile per garantire la qualità di un prodotto o proteggerlo da contraffazioni”. Un sistema molto utile anche per quei consumatori disposti a spendere una cifra superiore alla media e per i quali la scelta di un vino rispetto a un altro deve essere mitivata. E in un mercato maturo come quello nipponico, dove le fasce di prezzo oscillano all’interno di ampie forchette, la scelta di Federdoc costituisce uno degli investimenti più efficaci per la tutela del made in Italy e l’ampliamento delle quote.

Strapotere francese/I numeri dell’export
- 738 milioni di dollari il valore complessivo delle bottiglie di vino straniero importato in Giappone nel 2005, pari a 118 milioni di litri
- 14% la quota in mano all’Italia del mercato giapponese dei vini d’importazione. I nostri prodotti sono diffusi soprattutto nei ristoranti
- 63% la fetta più consistente del mercato giapponese dei vini d’importazione è nelle mani dei produttori francesi

Consumi in aumento
Quali sono i fattori dietro dietro al progressivo spostamento dei consumatori nipponici verso il vino? Certamente la diffusione da parte dei media nel ’98 della notizia sugli effetti anti-ossidanti dei polifenoli contenuti nel vino rosso. Ma anche l’ingresso nel mercato di bottiglie a prezzo inferiore ai 600 yen (4,5 euro circa), la crescente occidentalizzazione degli stili di vita e l’aumento di nuove tipologie distributive - home centers, drug stores, pizzerie a domicilio, videonoleggi, vendita per corrispondenza - seguito alla quasi liberalizzazione delle licenze di vendita delle bevande alcoliche nel settembre 2003. Se prima il vino era riservato a pochi, oggi è accessibile a molti. Grazie tra l’altro anche all’entrata nel Sol Levante di vini provenienti dall’Australia e dalle Americhe, che hanno contribuito alla massificazione della distribuzione nel mercato nipponico. I giapponesi non sono tuttavia grandi bevitori di vino, ne devono in media una volta al mese, preferibilmente rosso, acquistandolo distrattamente nel discount sotto casa e lasciandosi guidare nella scelta soprattutto dal prezzo (meno di 1.000 yen a bottiglia).
Autore: Chiaretta Zucconi

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