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Il Sole 24 Ore

In Cina il vino all'italiana. Contro le falsificazioni nuove regole di Pechino … La Cina ci copia anche il vino. Ovvero il modo di fare il vino ottenuto solo ed esclusivamente dall’uva. Questa volta nessuno potrà gridare allo spauracchio dei prodotti falsi, perchè la decisione del grande Paese asiatico è di quelle che vanno prima di tutto elogiate. E subito dopo valutate per la portata politica che contiene. Peso che va valutato alla luce dell’ingresso della principale regione viticola cinese (Yantay) che da questa settimana è entrata a fare parte in qualità di osservatore ufficiale dell’Oiv, l’organizatione international de la vigne e du vin che è la massima espressione sovrannazionale in fatto di vite e vino. Una, due notizie che il Sole-24Ore ha raccolto in rapida successione dal direttore generale dell’Oiv, l’italiano Federico Castellucci ( è intervenuto ieri all’apertura del VinItaly a Verona, inaugurato dal ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno) e che sono destinate a incidere molto sui futuri equilibri vitivinicoli nel mondo. Anche perchè il Governo cinese ha invitato a Pechino il vertice dell’Oiv, per aprire il tavolo e diventare membro effettivo dell’Organizzazione. Che le cose in quella parte del mondo stiano cambiando e anche velocemente in fatto di vino lo si capisce, appunto, dal fatto che per la prima volta in Cina la parola vino (“tao-pu” nell’idioma locale) d’ora in poi dovrà essere utilizzata solo ed esclusivamente per indicare la bevanda alcolica ottenuta dall’uva. E non come è sempre stato fatto da tempi immemorabili distillando i succhi ottenuti da ogni tipo di vegetali, compresa l’uva. La decisione risale a qualche mese fa ma, nonostante si tratti di una svolta epocale, in occidente è passata quasi del tutto inosservata. Forse perchè l’attenzione maggiore degli analisti era rivolta agli aspetti produttivi contenuti nel piano vitivinicolo di quel Paese, varato di recente. Un piano, cioè, volto sia a dare ordine a una coltura che negli ultimi anni è cresciuta a dismisura (in dieci anni il vigneto cinese è passato da 150mila a 450mila ettari, diventando per estensione il quarto paese produttore), sia agevolando un maggiore coordinamento tra le grandi province della Repubblica. E sia ancora studiando a fondo gli aspetti scientifici e legislativi che regolano le viticolture dei Paesi occidentali e di quanti nell’ultimo quarto di secolo hanno dedicato risorse al vino di qualità. Qualità che - lo ha detto il ministro Alemanno nel suo discorso di apertura del Salone - insieme a una politica promozionale incentrata su piani progettuali precisi è l’unica via per avere successo sui mercati internazionali. Ma il ministro si è anche soffermato sulla necessità di arrivare quanto prima alla riorganizzazione del settore vitivinicolo, attraverso il compattamento della filiera. Un processo che può facilitare il conseguimento di tutti una serie di provvedimenti normativi e di mercato a favore della vite e del vino italiano.

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