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Il Sole 24 Ore

Uno spettro si aggira per l'Europa. Il truciolato ... Uno spettro si aggira per le cantine d’Europa: sono i trucioli nel vino. A prima vista, questo escamotage, può sembrare, così è stato trattato in questi giorni caldi, un mezzo solo per conquistare il gusto omologato del consumatore, ma c’è anche una parallela chiave di lettura “economica“, di pari importanza. Sotto, sotto la decisione del comitato di gestione del vino dell’ Unione Europea (di cui fanno parte pure i rappresentanti italiani del ministero delle politiche agricole) di dare disco verde all’uso di segatura grossa nel vino per accelerare l’invecchiamento e conferire quel certo non so che di legno (retrogusto di rovere, di legno affumicato etc) finisce per avere anche notevoli conseguenze economiche sui costi dei produttori europei, in particolare francesi, italiani e spagnoli.
E’ ormai chiaro a tutti che il vecchio mondo del vino è in difficoltà di fronte ai concorrenti del Nuovo Mondo del vino (Australia, Stati Uniti, Argentina, Cile, Nuova Zelanda, Sud Africa), in grado di produrre a costi minori, in seguito soprattutto alla deregulation e ai minori costi dei loro paesi. Grazie ad una politica incentrata sull’innovazione, sulla ricerca e sulla compiacenza interessata dei media in lingua inglese (Wine Specator) e del guru per eccellenza, l’avvocato Robert Parker, le grosse coroporation americane e australiane (molte delle quali quotate in borsa) , hanno forgiato un modello di vino costruito, facile al primo bicchiere, rotondo, vellutato. Un prototipo di prodotto in cui i trucioli (o meglio i chips) hanno giocato un ruolo fondamentale dal lato organolettico e soprattutto da quello economico.
La segatura grossa (= truciolo) è miracolosa perché non solo corre incontro agli amanti del vino globale, senza chiese e bandiere, ma serve per risparmiare tanto denaro nella gestione della cantina perché sostituisce la barrique (botticella di 225 litri) in grado di trasmettere aromi importanti ai rossi e ai bianchi. Si passa dunque dal vino nel legno, al legno nel vino. Il costo di una barrique è di circa 650/750 euro, mentre l’equivalente necessario ad ottenere lo stesso risultato (300 grammi di segatura) è un investimento in trucioli di circa 3 euro (il costo è di circa 10 euro al chilogrammo). Dunque aziende con 10, 20, 50 mila barrique facendo ricorso a questo succedaneo, a fine anno, risparmiano non poco, considerando che le magiche botticelle vengono usate per uno o massimo due anni da molte aziende. Ci sono da aggiungere i costi della micro ossigenazione necessaria a completare il ricorso ai trucioli, ma sono quisquiglie. Qualcuno potrebbe obiettare che molti produttori dispongono di un parco barrique notevole, ma non c’è da disperare, anche loro possono ringraziare Santo trucioli da Bruxelles.
Sempre nel Nuovo Mondo hanno inventato le catenelle di legno, un marchingegno che permette di allungare la vita alle barrique già obsolete. In questo caso si ha cooperazione tra i due mezzi di affinamento. Dunque non si butta via niente, così come succede con il maiale. Ma il consumatore ha o non alcun diritto di essere informato su quali processi ha subito quel vino che sta acquistando ?.
Perché in Italia nessuno ha mai avvertito che pur essendo in stand by il provvedimento sui trucioli, molti dei nostri vini contenevano già “tannini di vinificazione“?. Che si ripeta il caso Ogm?. Cosa non si fa per sopravvivere alla concorrenza. La decisione presa dall’Unione Europea non è certo un colpo di mano dei paesi Nuovo Mondo perché non ne fanno parte. Quindi sono stati i paesi aderenti, produttori di vino, a scegliere questa direzione di un vino sempre più costruito, sempre meno variegato, lontano dal terroir d’origine. Una rinuncia culturale grave, una scelta consapevole di omologare sempre più il gusto del consumatore, non tenendo in alcuna considerazione le peculiarità dell’ Europa (vitigni autoctoni).
Sembra sempre più chiara la strada intrapresa, a cominciare dalla cancellazioni delle 17 denominazioni d’origine vinicola. Viene però da chiedersi se la rinuncia alla propria identità nel lungo periodo sarà giusta, visto che la scelta di vini “apolidi“ vedrà scontrarsi proprio le grandi corporation con le piccole e medie aziende italiane. Può darsi che qualcuno rimpianga di aver abbandonato una via difficile, ma diversa, oppure il modello “Sideways“, basato su vini uguali, meno costosi, trionferà su tutti i fronti, ma allora “grande sarà sempre più bello ...”. (arretrato de Il Sole 24 Ore del 28 maggio 2006)

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