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Il Sole 24 Ore

Italia in ritardo sui trucioli nel vino ... Al via il dibattito in Aula, ma il regolamento Ue è già alta Wto... L’uso dei trucioli nel vino arriva in Parlamento, ma la Ue scatta prima di tutti e porta il regolamento alla Wto. Dopo un’estate di roventi dibattiti, arriva lunedì in aula la mozione bipartisan contro i cips, vale a dire le scaglie di legno che danno al vino un sapore particolare, sulla falsariga dei tradizionali caratelli. Con la differenza che i costi tra i primi e i secondi non sono confrontabili. La mozione parlamentare di fatto si scaglia contro l’orientamento della Commissione Ue, favorevole a un regolamento che dando il via libera ai trucioli, mette i vignaioli dell’Unione nelle stesse condizioni dei produttori dei paesi terzi. Per i firmatari della mozione, questa scelta di campo della Ue equivale a un “tradimento” dell’identità e della qualità dei vini made in Italy. Di qui l’invito al Governo a intervenire a Bruxelles al fine di tutelare la tipicità del prodotto e il lavoro dei vignaioli di casa nostra. La procedura comunitaria, però, è implacabile. Dopo avere incassato il via libera del Consiglio dei ministri, la bozza del regolamento Ue è arrivato infatti all’esame dell’Organizzazione mondiale del commercio. E non c’è nulla all’orizzonte che lasci pensare che la Wto metta i bastoni tra le ruote alla procedura. L’unica cosa su cui forse è ancora possibile intervenire è la richiesta di fare riportare in etichetta una dichiarazione circa l’uso di trucioli. Dichiarazione che la bozza di regolamento al momento non prevede.
Ma se sul fronte dei trucioli l’impressione è che i giochi sembrano già fatti, diversa è la questione della riforma dell’Ocm vino. La proposta di una riforma a tre opzioni del commissario all’Agricoltura Mariann Fischer Boel è stata al centro dei lavori del Consiglio dei ministri di questa settimana. E per quanto gli orientamenti emersi siano ancora interlocutori, un punto in comune i 25 membri del Consiglio lo hanno trovato. Si tratta della scelta di lavorare sull’opzione “2”, ovvero la più incisiva, escludendo di prendere in considerazioni altre variabili meno incisive. In sostanza, a prevalere è stata la consapevolezza che di fronte a un mercato vinicolo europeo parecchio critico, le misure da attuare non possono essere edulcorate. Altrimenti si farebbe un cattivo servizio a tutto il settore, avvantaggiando la concorrenza dei paesi terzi. Dunque, sì all’ipotesi di abolire gli aiuti alla distillazione entro cinque anni, alla modifica delle norme sull’arricchimento, all’estirpazione di 400mila ettari del vigneto Europa. Su questo punto, il commissario ha spiegato che i tagli saranno volontari, che vanno nella logica di favorire l’estirpo in aree non competitive e, comunque, la scelta sarà di competenza esclusiva degli Stati membri. La palla a questo punto passa al dibattito interno di ciascun Paese e alla ricerca di alleati esterni. Non a caso il ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro ha già preannunciato un calendario di incontri con i colleghi di Francia e Spagna (con l’Italia i tre Paesi rappresentano quasi l’80’% della viticoltura europea) con i quali ci sarebbero i presupposti per fare quello che il ministro definisce “una riforma forte e competitiva”.

Le misure
Estirpazione di 400mila ettari in cinque anni. E certo questa la questione più controversa e dibattuta della proposta fatta da Bruxelles. Il commissario Fischer Boel l’altro ieri ha però precisato che si tratta di una misura volontaria affidata alla gestione di ciascun Paese.

Abolizione degli aiuti alla distillazione e modifica delle norme sull’arricchimento. L’Italia è favorevole al mosto concentrato d’uva e contro lo zuccheraggio.

Indicazione del millesimo e del nome del vitigno in etichetta anche peri vin i da tavola. Su questo punto in Italia vi sono ancora molti pareri contrari.
(arretrato de Il Sole 24 Ore del 23 settembre 2006) 

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