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Il Sole 24 Ore

L’agroalimentare fa rotta su Cina, Russia e Tunisia ... De Castro in Asia per promuovere prosciutti e vino made in Italy... Per le imprese agricole e agroalimentari italiane la strada dell’internazionalizzazione passa dall’Europa dell’Est. Alla vigila del nuovo allargamento dell’Unione europea a Bulgaria e Romania, dopo quello storico del maggio 2004, Confagricoltura ha già realizzato due missioni di imprenditori agricoli in Romania per valutare le opportunità di nuove acquisizioni aziendali. L’organizzazione è infatti già presente con 484 imprese (un terzo delle aziende agroalimentari italiane che operano nel Paese) che aderiscono a Unimpresa-Romania, l’associazione creata in parternship con Confindustria e Confartigianato. Le aziende a maggioranza di capitale italiano sono attive prevalentemente nei settori della cerealicoltura, della zootecnia e della viticoltura, con 100mila ettari complessivi e una superficie media di circa 1.500 ettari (quella nazionale è di 8 ettari) che garantisce economie di scala e una struttura dei costi fortemente competitiva. E se la presenza sui mercati dei prossimi partner comunitari sembra già consolidata, l’agroalimentare italiano prova a guardare oltre i confini europei, alla ricerca di nuovi mercati che possano far crescere ulteriormente l’export del made in Italy. Un obiettivo che oggi è frenato anche dalla debolezza della grande distribuzione organizzata che per altri Paesi, come la Francia, rappresenta un veicolo privilegiato di promozione. Delle nuove frontiere commerciali per l’agricoltura italiana si è parlato giovedì a Roma in un convegno organizzato dalla Confagricoltura e al quale hanno partecipato il ministro delle Politiche agricole e alimentari, Paolo De Castro, l’addetto economico e commerciale dell’ambasciata cinese, Xiang Jianjun, il vicepresidente della rappresentanza commerciale della Federazione Russa, Leonida Popov e il responsabile degli investimenti agricoli della Tunisia Yacine Regui.
“Cina, Russia e Tunisia sono tra i Paesi che rappresentano esempi reali di cosa possa significare la scelta dell’internazionalizzazione - ha detto il presidente di Confagricoltura, Federico Vecchioni, un’opportunità per le imprese agricole capaci di stare sul mercato, di innovare e di investire, per esportare un modello agricolo che il mondo ci invidia”. Vecchioni ha rilanciato la necessità per l’Europa di proseguire sulla strada delle intese bilaterali per garantire l’apertura di nuovi mercati dopo il rinvio a data da destinarsi del negoziato Wto. Se è vero che i principali importatori di prodotti agroalimentari italiani sono i Paesi occidentali, non è però da sottovalutare il contributo che possono dare i nuovi mercati. Nel 2005 la Russia ha visto aumentare l’importazione di prodotti dall’Italia del 26,6% per un totale di oltre 280 milioni di euro. In crescita anche le spedizioni in Tunisia aumentate negli ultimi due anni del 70%, con la prospettiva della liberalizzazione totale degli scambi in calendario nel 2010. Ancora tutto da scoprire invece il mercato della Cina dove l’export agroalimentare italiano è fermo a 31 milioni (lo 0,2% del totale) anche se i più recenti segnali sono incoraggianti. E proprio a Pechino e Shanghai sbarcherà a fine novembre una delegazione di 160 imprese agroalimentari guidata dal ministro De Castro. Alla missione parteciperanno anche Vinitaly e Cibus, le più importanti rassegne del settore. L’obiettivo, ha spiegato il ministro, è di firmare importanti accordi con la Cina per il riconoscimento reciproco dei marchi collettivi per i prodotti agroalimentari. “Ci attendiamo risultati concreti - ha detto De Castro - per agevolare l’export di prosciutti e rafforzare il business del vino e dell’olio. Nei programmi c’è la definizione di un quadro di regole produttive e sanitarie condivise”.
(arretrato de Il Sole 24 Ore del 14 ottobre 2006) 

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