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Il Sole 24 Ore

Vino con l’elettroshock ... È un vero e proprio attentato con il “bisturi” enologico. Non da parte di chirurghi plastici, bensì di scienziati, falegnami, chimici, ingegneri, wine maker “illuminati” magari cresciuti con il gioco “del piccolo chimico”. Sotto i ferri in cantina è di turno il vino, rosso o bianco, il colore non fa alcuna differenza. Il lato comico o tragico di questo fenomeno è il fine ultimo: accelerarne con ogni mezzo l’invecchiamento. Insomma il contrario della lotta dell’uomo, proteso a bloccare il passare del tempo con l’ausilio del bisturi o di qualche elisir.
Così, all’improvviso, giungono notizie dal Giappone, dove è in corsa una dura contesa per accaparrarsi il brevetto di un macchinario che, grazie a una scarica elettrica, sembra riesca in pochi istanti a trasformare una bottiglia di vino novello, in un perfetto vino invecchiato. Una nuova realtà che può mandare in pensione tanti efficienti cantinieri, ma aprire il mercato del Lavoro a tanti Jackill e Mr. Hyde.
Sembra siano favoriti, nella contesa di questa invenzione, alcuni imprenditori americani. Così forse potranno creare delle serie storiche dei loro vini, colmando una lacuna nella loro avanzata enologica. L’altra notizia sulla via dell’invecchiamento, sicuramente più seria della trovata giapponese, arriva dall’Italia, addirittura dal Centro internazionale d’ingegneria genetica di Trieste.
Sembra che un ricercatore, Carlo Bruschi, abbia messo a punto una ricetta attraverso la quale si potrebbe produrre il vino in modo super rapido, un terzo dei normali tempi di fermentazione dosando la presenza nel mosto del feniletanolo e del triptofolo nonché usando ceppi di lievito geneticamente adattati si aumenterebbe la densità finale delle cellule fungine. Che dire? il vino avrà così qualità organolettiche immutate? Sarà meno esposto alle contaminazioni, come viene sostenuto? E chiaro che la ricerca deve proseguire ma questa corsa a modificare la vita naturale del vino ha un senso?
Sarebbe più opportuno indagare per sospendere l’uso della “solforosa”. Perché i trucioli, perché gli aromi artificiali, perché la gomma arabica, perché lieviti ogm, perché il sughero granulare, i concentrati volatili floreali e volatili? E ancora perché lo scandaloso via libera ai trucioli, dopo tante dichiarazioni di guerra? Lasciamo in pace almeno il vino, facciamolo maturare secondo natura, non cambiamone i connotati. La rapidità nella produzione porta innegabili vantaggi economici per i produttori, così facendo però sfiorisce un modo romantico di immaginare il vino. Con i nuovi processi, fatti di nuovi ritrovati il portafoglio di molti produttori sarà certo più gonfio, ma il consumatore potrebbe cominciare a essere sospettoso per la propria salute e finire per essere disincantato.
Il vino non è un bene necessario per il nostro organismo: è finita l’era del rosso come alimento, oggi è solo, nonché soprattutto, un piacere. I rossi, i bianchi e i rosè non sono solo bouquet, sapore, gusto, retrogusto e avangusto bensì racconto di quel territorio, di quel paesaggio, di quel viticoltore, di quel primo bicchiere, della vendemmia, del rumore del gorgoglio nelle botti. È anche gioia di sentirlo maturare in cantina. I tentativi di contaminarlo con i trucioli, invecchiarlo precocemente, assomigliano alle signore (e da un po’ di anni anche ai signori) che si sottopongono al bisturi per nascondere le magagne, evidenti alla vista e al tatto, anzi al tocco, così come è lampante l’assaggio di vino “truccato” o “dopato” assai diverso da quello taroccato, dove forse di falso c’è solo l’etichetta. Sine qua non.
(arretrato de Il Sole 24 ore del 22 ottobre 2006) 

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