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Il Sole 24 Ore

Chianti classico, gli Usa acquistano più dell’Italia ... Sorpasso nelle vendite: gli States primo Paese... Gli Stati Uniti sono diventati il primo mercato per il Chianti classico. Ormai finisce in America il 30% della produzione delle aziende che aderiscono al Consorzio di tutela del marchio (600 imprese, circa il 95% di quelle presenti sul territorio, con 7mila ettari di vigna, 500 milioni di fatturato complessivo e 3.350 addetti), mentre non supera il 27% la quota delle vendite in Italia, rimaste sostanzialmente stabili. Il sorpasso, in base ai dati esaminati in questi giorni dal consiglio d’amministrazione del Consorzio Chianti Classico presieduto da Marco Pallanti, è avvenuto nel corso del 2005, anno che ha fatto registrare un autentico boom delle esportazioni per le bottiglie etichettate col famoso Gallo Nero: è finito all’estero il 73% dei circa 5 milioni prodotti, contro una media del 60-65% negli anni precedenti. E il fenomeno è continuato nel 2006.
“Il mercato ha ripreso a tirare e quest’anno le vendite cresceranno del 10%, nonostante l’eccesso di produzione che il settore sta vivendo a livello mondiale e la conseguente concorrenza internazionale - spiega Pallanti -. La verità è che il pubblico premiai vini di qualità, che hanno un territorio e una storia alle spalle ed è grazie a queste caratteristiche che nell’ultimo biennio abbiamo visto aumentare del 18% le nostre esportazioni, con un forte impulso proprio dal mercato americano”. Pallanti, 51 anni, enologo e direttore dell’azienda Castello di Ama, è arrivato alla presidenza del Chianti Classico dopo la riunificazione con l’altro consorzio, quello del Gallo Nero, e soprattutto dopo la conferma da parte del ministero dell’erga omnes, cioè l’affidamento della vigilanza sulla denominazione. È il Consorzio del Chianti Classico, insomma, che tiene monitorata l’intera filiera produttiva del vino destinato alle bottiglie contrassegnate con il Gallo Nero.
“Sono già stati fatti controlli su 2mila ettari, circa un terzo del totale - racconta Pallanti - e abbiamo riscontrato non più del 5% di irregolarità, procedendo a decurtare e ritarare i livelli massimi di produzione. Entro due anni al massimo completeremo il monitoraggio - aggiunge - comunicando all’esterno la mole di lavoro fatta e i risultati raggiunti, che principalmente consistono nella garanzia di un vino di qualità superiore, la cui lavorazione è certificata dalla pianta fino all’imbottigliamento”. Il presidente del Consorzio sottolinea lo sforzo economico messo in campo dagli imprenditori: “Le nostre aziende investono mediamente 115 milioni all’anno - dice - c’è una grande attività di rinnovamento per quanto riguarda le cantine e un terzo dei vigneti è stato reimpiantato nell’ultimo decennio, senza aiuti o sussidi pubblici”. È una politica che il mercato, soprattutto quello estero, ha dimostrato di premiare.

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