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Il Sole 24 Ore

Vino, valori record e mercati al bivio ... La vendemmia è terminata nel migliore dei modi, con un consuntivo parziale prossimo a 51 milioni di ettolitri e una qualità superba per buona parte dei bianchi. Per i rossi occorre ancora del tempo, anche se le basi lasciano letteralmente il dolce in bocca. Non è poco, anche se le notizie rassicuranti per ora sono tutte qua. E sì, perchè, tra Bruxelles che liberalizza i trucioli, il Tocai che diventa Friulano e dunque deve correre contro il tempo per rifarsi la nuova immagine, la domanda che stenta a riprendersi e il dibattito sulla riforma dell’Ocm-vino che entra nel vivo ce n’è abbastanza per tenere sulle spine l’attenzione di vignaioli e produttori dal lago di Caldaro alla piana di Menfi. Produttori che dalle parti del Trevigiano debbono tra l’altro fare i conti con una sfacciata pirateria camuffata da marketing pubblicitario, qual è il lancio sui mercati internazionali di vino made in Italy in lattina proposto per l’occasione da gruppi che nessuno conosce. Quel che è peggio è che si tratta di business che sfugge a controlli che accertino se in quelle lattine ci sia per davvero Prosecco delle colline venete. È forse troppo pretendere più trasparenza a tutela di un prodotto come il vino che è pur sempre un alimento e fa parte integrante degli interessi che alimentano il made in Italy?
Ma i problemi non finiscono qui. Si prenda il regolamento che ha liberalizzato i trucioli nella Ue. Bene a fatto Bruxelles ad adottarlo, sostenendo che in questo modo si è voluto “mettere fine a una grave distorsione di concorrenza internazionale che danneggiava i produttori europei”. Però nello stesso tempo si è intestardita nel non accettare la proposta italiana che chiedeva l’obbligo di riportare in etichetta la menzione dei trucioli per quei vini che di fatto hanno avuto il contatto. La scelta della Ue, invece, per quanto corretta sotto il profilo della concorrenza e libertà di ciascun produttore di poterne fare uso, nella realtà penalizza i fautori di vino da tavola, e ce ne sono, che non usano e non useranno i trucioli. Stabilire clic i vini “trattati” non debbono riportare in etichetta la menzione “fermentato, invecchiato, maturato in barrique”, non basta. Così facendo si lascia intendere che i vini da tavola che non hanno in etichetta quanto indicato da Bruxelles sono di fatto vini trattati con scaglie di legno. Il che equivale a procurare un sicuro danno a coloro che fanno vini da tavola di primissima qualità senza per questo fare affinamento in barrique. Detto questo, resta il fatto che il vero problema della viticoltura non finisce alla barrique o ai trucioli, che peraltro il mondo scientifico ha escluso essere pericolosi alla salute.
Altre sono le questioni che danno spessore al settore per cui vale la pena battersi. Per esempio, arrivare a definire una buona riforma del mercato comune del vino. Il settore lo merita perchè ci riporta ai valori della terra e perchè è parte integrante dello sviluppo dell’Unione europea. Che, nonostante tutti gli attacchi da parte dei Paesi terzi produttori di vino, resta leader mondiale con una capacità superiore al 60% della produzione mondiale (280 milioni di ettolitri), che coinvolge più di 1,6 milioni di aziende (600mila in Italia) e altrettanti addetti (500mila) e sviluppa un giro d’affari grezzo in campagna di 16 miliardi di euro di cui 4,2 miliardi nella sola Penisola. Valori, non numeri.
(arretrato de Il Sole 24 Ore del 13 novembre 2006) 

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