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Il Sole 24 Ore

Gioco di squadra sui nuovi mercati ... Vino. Asia e Nord America nel mirino. Strategie di marketing, si affermano sempre di più le iniziative che consentono di portare all’estero un pacchetto completo della tavola made in Italy... L’export di vino italiano sta attraversando un buon momento, tanto da compensare i vuoti di domanda che si avvertono sui mercato interno. Una perfomance che i protagonisti dell’offerta made in Italy cercano di cavalcare con azioni di marketing cucite su misura per i diversi mercati di destinazione. Anche se a volte si assiste “a iniziative promozionali gestite a tavolino in Italia che, una volta all’estero, si rivelano prive di senso, slegate dalla realtà e quindi destinate a fallimento sicuro”, commenta Giovanni Orgera, direttore generale di Banca di Roma di Shanghai e vicepresidente della Cdc italiana in China. Il Nord America continua a fare da battistrada al successo del vino italiano nel mondo, con due soli Paesi (Usa e Canada) che con un miliardo tondo di euro pesano ormai per un terzo (31%) sul valore totale esportato.
Non sono da meno altre realtà geografiche come l’Asia, anche se la loro incidenza per ora resta circoscritta a un modesto quattro per cento. Certo è che la crescita dei primi nove mesi del 2006 verso gli Usa (+7,9% in valore e +6,8% in quantità) e l’ottima performance del Far East - dal Giappone alla Cina, dalla Corea al Vietnam, tutti con percentuali tra l’8 e il 10% in valore e qualcosa meno in quantità -, evidenziano andamenti molto diversi tra Paesi terzi e Paesi dell’Unione europea. La Ue, infatti, pur forte nell’assorbire il 70% dell’offerta di vino italiano, pesa appena per il 55% sul monte dei ricavi, lasciando agli altri tutto il resto. Il che si spiega con la differenza nei valori medi di cessione del prodotto vino, fermi a 1,30 euro/litro per quanto riguarda il mercato domestico dell’Unione, mentre per gli altri Paesi tale valore è più del doppio (3,2 euro/litro). Tanto basta a giustificare il dinamismo degli esportatori italiani ad andare sui mercati terzi, fermo restando l’importanza di presidiare lo zoccolo duro dell’Unione europea. “A parte il Nord America, il mercato estero più vivace per noi - dice Alberto Tasca d’Almerita - è la Corea del Sud, seguita da Cina e Giappone. Va da sé che questo successo si regge sulla qualità dei prodotti e su iniziative promozionali mirate”.
Magari iniziative che permettono di portare all’estero un pacchetto completo della tavola made in Italy, come vuole appunto essere la fiera Vinitaly - Cibus China che si tiene in questi giorni a Shanghai. “Ho sempre creduto - spiega Sebastiano de Corato della Vinicola Rivera, l’azienda pugliese partecipata da Gancia - che per esportare fosse necessario disporre di grandi mezzi. Tuttora ne sono convinto, ma riconosco che la formula ideata quest’anno dalle Fiere di Verona e Parma con Buonitalia si sta rivelando molto positiva”. “Vedremo se i contatti avviati in questi giorni daranno buoni risultati - mette le mani avanti Paolo Coppini della Coppini Olearia -, ma credo che da soli avremmo fatto molta più fatica”. Di questo si dicono sicuri tre figli d’arte come Josè Rallo di Donnafugata, Teresa Severini di Lungarotti e Giovanni Folonari dell’omonima vinicola toscana che sottolineano l’importanza di condividere i progetti di promozione all’estero.
(arretrato de Il Sole 24 Ore del 25 novembre 2006) 

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