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Il Sole 24 Ore

Un export da tre miliardi di euro ... Rispetto a dieci anni fa le vendite italiane negli altri Paesi sono quasi raddoppiate. È il prodotto che genera il miglior saldo commerciale (2,6 miliardi) e incide per un quinto sull’attivo della bilancia... Il vino, con tre miliardi di euro di ricavi, è il prodotto che più di altri dà sostanza all’export della tavola made in Italy. È il bene che genera il miglior saldo commerciale (2,6 miliardi) e da solo incide per più di un quinto sull’attivo totale della bilancia con l’estero. Numeri. Ma anche il simbolo di una filiera che meglio esprime e rappresenta l’immagine della Bella Italia. Eppure, con tutto questo a disposizione, il gioco di squadra sembra appartenga ai marziani. A dare voce a commenti di piazza, si direbbe che per l’export del vino non si faccia mai abbastanza.
E spesso ciò che si fa finisce per disperdersi in iniziative sterili fini a sè stesse. Le prove? Basti dire delle innumerevoli missioni all’estero promosse da enti e istituzioni locali fatte in modo spontaneo e prive di coordinamento tra loro. Capita di trovarsi in una città o capitale estera e assistere ad assurdi inviti per partecipare a eventi di enti differenti organizzati in luoghi diversi ma nello stesso giorno, alla stessa ora e finalizzati alla promozione dello stesso prodotto. Non è raro quindi sentire improperi assai coloriti verso enti preposti a diffondere l’immagine della tavola italiana nel mondo, che alla prova dei fatti si rivelano inadeguati al ruolo loro assegnato. A volte sono accuse eccessive, magari dettate per coprire errori tattici degli stessi accusatori; in altri casi sono critiche tutt’altro che infondate. Certo è che quando si tratta di vino, il mercuriale che segna l’interesse degli addetti ai lavori, pubblici e privati che siano, sale a dismisura. Perché? La ragione sta nel fatto che il vino, prima ancora di essere un prodotto di successo della tavola made in Italy, esprime l’immagine più genuina e di qualità del territorio, del Paese. Un prodotto bandiera che, appunto, ha il merito di contribuire positivamente alla formazione del valore e del reddito agroalimentare.
I tre miliardi ricavati dall’export di 16 miliardi di ettolitri di vino sono la prova inconfutabile di un fatto che non arriva per caso; che è frutto dl tanti piccoli passi a volte spontanei e disarticolati tra loro, ma caratterizzati da una certa costanza nel tempo. Un fatto che deve molto al fattore qualità, al riequilibrio dell’offerta tra prodotto sfuso e in bottiglia, all’impegno del capitale umano. Ma anche alla gestione su valori più congrui della leva del prezzo. Questo spiega perché negli ultimi dieci anni l’offerta enologica nazionale, pur in presenza di una concorrenza aggressiva che prima non c’era, pur di fronte alla staticità dei volumi esportati, di fatto ha raddoppiato i propri valori da 1,7 miliardi di euro del 1995 a 3 miliardi del 2005. Un risultato che è agli atti ed è impossibile disconoscere. Il futuro però sta cambiando. Il mercato sta cambiando. E il vino made in Italy ha tutto da guadagnare se, oltre a sfoderare l’estro italico e la sua incredibile appartenenza al territorio, potesse contare anche sul gioco di squadra. Provare per credere.

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