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Il Sole 24 Ore

Conflitti di civiltà (del bere) ... Chissà se i francesi, così orgogliosamente sciovinisti a tavola, un decennio fa o forse più avrebbero lasciato passare indenne da feroci critiche un film come Un’ottima annata. Il mio pensiero corre all’aspetto “vinicolo” del film, melenso e scontato, interpretato da Russell Crowe. Forse i francesi non possono “dichiarargli guerra”, così come non lo hanno fatto di fronte a quel bicchiere di plastica in cui gli interpreti di Sideways assaggiavano un’annata straordinaria dì “‘Cheval Blanc” perché le loro fortune vinicole sono nelle mani dei guru yankees (si legga R. Parker e Wine Spectator) e del mercato degli States.
Mentre scorrevano le scene di Un’ottima annata ho pensato a Sideways, una storia allegra e pubblicitaria per far conoscere attraverso una zingarata le bellezze di Napa Valley e i suoi vini, dove addirittura un pinot nero di Santa Barbara viene innalzato a vino cult, mentre nel film di S. Scott il “domaine” è scalcinato, le vigne producono un rosso imbevibile sia per i conoscitori sia addirittura per i neofiti. E proprio una giovane americana (alla ricerca del padre) arrivando in questa fattoria della Provenza impartisce una lezione di come si degusta un vino, ricordando che questo approccio è di casa nella Napa Valley. Non solo, ma una volta entrata in possesso delle vigne di questo domaine appartenuto al possibile padre, impone al vigneron francese, le sue nuove modalità di produzione. Quelle tecniche dettate dall’Università di Davis e non da Bordeaux o da Montpellier. Insomma un messaggio ben preciso: cari francesi, se pensate ancora che negli States si producano rossi o bianchi simili ai succhi di frutta nelle winery (lo dice il vigneron) oppure, come si afferma ancora nel film, se pensate di vendere le vostre campagne decadenti, polverose, a un americano che non s’intende divino vi sbagliate di grosso perché addirittura siamo, noi americani, a fare la fortuna dei vostri prodotti. Perfino dei vini cult denominati “de garage”.
È divertente questo scontro vinicolo tra il nuovo mondo del vino e la Francia tradizionale, un tempo padrona assoluta della leadership gastronomica. Un confronto che sempre più si svolge anche in cucina, dove il dominio mondiale dei cugini d’Oltralpe è messo in discussione dall’avanzata della scuola spagnola. Cultura tecnologica contro tecnica culinaria. Ebbene, per tornare all’Ottima annata, voglio però “glorificarne” una scena lirica: quella del vigneron che parla e canta ai vitigni. La spiegazione che arriva dal vecchio patron è che solo così si ottiene l’armonia della natura, il meglio dalle uve per poi ottenere un grande vino. Se questa modalità è decadente o segna un ritorno al passato la preferisco comunque all’uso moderno nella produzione di vino dei trucioli, della gomma rabbica, dei concentrati volatili fruttati e floreali eccetera. I cicli alla Giambattista Vico potrebbero essere possibili anche nel cibo. Sine qua non.
(arretrato de Il Sole 24 Ore del 14 gennaio 2007)

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